Sono stati oltre duecento i trattori che hanno attraversato Lamezia incuranti delle basse temperature per raggiungere la manifestazione di Agrinsieme Calabria. Circa trecento gli agricoltori e gli imprenditori che hanno prima sfilato e poi manifestato per chiedere interventi celeri a favore dell’olivocoltura calabrese.

 

Un ramo importante e nevralgico per il Paese: la Calabria è la seconda regione per produzione di olio d’oliva, ma i produttori rischiano di rimanere schiacciati sotto il peso del mercato e delle importazioni dall’estero. Una bottiglia di olio importato può costare fino ad un terzo di una di olio italiano e così il famoso oro giallo spesso rimane invenduto e mette al tappetto gli imprenditori. Duecento mila gli occupati nel comparto che rischiano di dovere andare a casa.

 

Confragricoltura, Copagri, Cia e Agici hanno chiesto interventi urgenti al governo, che venga rafforzato il tavolo ministeriale e che entro il 31 dicembre venga dato un acconto sulle spettanze del Pac. «Al netto dei costi non possiamo vendere a meno di sette euro a bottiglia – ha spiegato dal palco allestito a Piazza Italia Gennaro Raso dell’Agci Lamezia - Non vogliamo lo scontro ma non sappiamo se potremo comprare il panettone».

 

«Abbiamo una dignità da difendere - ha aggiunto Alberto Statti, presidente Confagricoltura Calabria – abbiamo la responsabilità di tante famiglie alle quali garantiamo lavoro». Importante per i produttori lavorare anche sulla cultura del consumatore per fare in modo che non si compri ciò che costa meno senza porsi domande, senza informarsi su come viene prodotto e sul perché l’olio italiano abbia dei costi di vendita al dettaglio maggiori.

 

Il rischio per Nicodemo Podella, presidente Cia Calabria, è che se il governo non interverrà a breve e in modo incisivo le aziende agricole vengano abbandonate. Il settore olivicolo rappresenta oltre un quarto del valore totale dell’intera produzione agricola e nel complesso l’agricoltura vale il 6 per cento circa dell’intero valore aggiunto prodotto in Calabria garantendo il 15 per cento dell’occupazione della regione.

 

Eppure l’olivicoltura calabrese sconta un ritardo in innovazione e mostra costi di produzione molto alti, in un contesto dove il volume prodotto decresce a due cifre anno dopo anno. Il costo di produzione elevato è stato più volte indicato come uno dei principali anelli deboli della performance competitiva regionale e nazionale.