«Con la popolarità e l’appeal sempre più nazionale dei suoi panini, identitari ed autentici tanto nei prodotti calabresi preferiti quanto nel naming scelto per gli stessi, Mi‘Ndujo è diventato sicuramente uno dei più efficaci strumenti di marketing territoriale e di promozione della regione come destinazione turistico esperienziale».

È quanto ha detto Lenin Montesanto, comunicatore e lobbista, intervenendo nei giorni scorsi nel corso del format di approfondimento giornalistico Prima della Notizia, dal titolo La Calabria che innova e non si ferma. Insieme a Montesanto, sollecitato da Francesca Lagoteta, è intervenuto anche Marco Zicca, fondatore di Mi‘Ndujo. Citando la definizione attribuita a Spartaco Pupo, professore di Storia delle dottrine politiche all'Università della Calabria, Montesanto ha sottolineato come l’oicofobia sia molto diffusa in Calabria. È la paura del proprio retaggio, della propria cultura, della propria identità, inclusa purtroppo quella agroalimentare ed enogastronomica.

«Ma il successo straordinario di Mi‘Ndujo - continua Montesanto -, probabilmente il più emblematico esperimento di management dell’identità nella storia di questa terra, rappresenta anzi tutto l’algoritmo incontestabile e replicabile di come la vera rivoluzione, soprattutto ma non solo per le nuove generazioni, non sia per forza emigrare ma restare o ritornare in Calabria, per innovare, crescere e condividere occasioni di sviluppo. Una iniezione preziosa di orgoglio per sfidare destino e mercato. Ed uno degli antidoti all’oicofobia: quella paura di tutto ciò che è nostro, origine, radici, tradizione e locale, teorizzata dall'intellighenzia dominante ed inculcata sin da piccoli, dalle agenzie educative, come complesso di inferiorità permanente. Un vero e proprio disturbo psicologico di massa che può fare più danni della stessa ‘ndrangheta».

«Ecco perché – ha aggiunto – quella di Mi‘Ndujo, baluardo regionale contro il Nutriscore (il falso sistema europeo di valutazione dei prodotti che distrugge l’identità e l’autenticità dei nostri prodotti), diventa anche una rottura epistemologica rispetto alla narrazione ereditata del cibo calabrese e si trasforma in una vera e propria sfida pacifica e competitiva alle ideologie e declinazioni globalizzate, ai tabù ed ai cliché del cibo spazzatura. Altro cliché da smontare, guadando al successo di Mi‘Ndujo, è quello dei presunti cervelli che fuggono dalla propria terra, in ossequio ad una narrazione che li vorrebbe tutti costretti ad emigrare per direttissima a causa della politica, del gap infrastrutturale e dulcis in fundo della ‘ndrangheta, trattata troppo spesso come alibi residuale più che come reale ostacolo culturale e militare da contrastare semmai con sempre maggiori intelligenze che restano, invece di scappare senza cimentarsi in nulla e lasciando immobilizzati ed inutilizzati patrimoni che ovunque farebbero la differenza. In realtà, di generazione in generazione continuiamo a venire educati al mito dell’abbandono e della fuga a prescindere».

«Sei intelligente – ha sottolineato Montesanto – se ce l’hai in testa l’intelligenza. Si può anche fuggire e non essere intelligente e restare in Calabria ed essere invece molto più intelligente di chi è fuggito e sta da qualche altra parte, spesso però aiutato se non addirittura mantenuto dalle famiglie d’origine, in Calabria. Una terra che riesce a mantenere se stessa, genitori e famiglia allargata, case, proprietà, automobili e lussi spesso ingestibili altrove e che, allo stesso tempo, sostiene quando non mantiene anche una parte dei propri figli scappati perché spinti altrove, è una regione povera o ricca? È evidentemente ricca. Con una aggravante».

«Dovremmo chiedere, soprattutto ai giovani che restano lontani dalla propria terra, di quale qualità della vita si sentono protagonisti privilegiati: quante volte vanno al cinema, quante volte si permettono una pizza e una cena con gli amici, quante volte prendono l’aereo nel vicinissimo aeroporto, quante volte si concedono soddisfazioni, piaceri e lussi a seconda dei propri gusti? Purtroppo, così come provammo a mappare nel primo Forum sul Ritorno alla Terra organizzato qualche anno fa ad Acri da Otto Torri sullo Jonio, la maggior parte di essi forse non ci riesce, semplicemente perché non arrivano a fine mese, rispetto al costo della vita ad altre latitudini e in cambio per altro di ritmi di lavoro e di vita, di una qualità dell’aria, di stress urbano e, dulcis in fundo, di una standardizzazione alimentare che – ha concluso Montesanto – non può certo dirsi da cervelli privilegiati rispetto a quanti non sono fuggiti lasciando una terra nella quale resiste ancora una straordinaria biodiversità e in cui inventarsi un lavoro ed un progetto di vita è forse più facile, semplice, naturale e anche più competitivo, anche su scala extra regionale. Mi‘Ndujo docet».