Si oppongono con forza al nuovo Piano d’azione dell’Unione europea sulla pesca - che prevede una drastica limitazione delle reti a strascico entro il 2030 e la creazione di ulteriori aree marine protette - le sigle di rappresentanza del comparto, Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil, unitamente alle associazioni datoriali Agci Agrital, Legacoop Alimentare, Confcooperative Fedagri Pesca, Federpesca e Coldiretti.

La mobilitazione coinvolge le marinerie di tutta Italia e, in Calabria, ha avuto il suo epicentro al porto di Vibo Marina, dove, questa mattina, si è tenuto il sit-in dei promotori della protesta.

Il Piano d’azione europeo, secondo i lavoratori e le rappresentanze di categoria, «si basa su dati scientifici non aggiornati e accurati e porterà l’Italia alla totale dipendenza per l’approvvigionamento di prodotti ittici da paesi extra-europei, che spesso non rispettano le norme sulla sicurezza». Ma per i sindacati, soprattutto, il Piano «non tiene in considerazione l'impatto sociale ed economico delle misure previste che comporteranno una significativa perdita di posti di lavoro».

Intorno al porto di Vibo Marina, ad esempio, orbitano circa 400 addetti, aderenti a cooperative che riuniscono la flotta peschereccia che va da Amantea a Tropea. Quasi tutte le imbarcazioni adottano la pesca a strascico come metodo prevalente. Riconvertirle a tipologie diverse, affermano, significherebbe affrontare esborsi economici non più sostenibili da armatori e piccole imprese a conduzione ormai quasi esclusivamente familiare, già vessati dall’aumento dei costi di carburante e di gestione.

In Italia, la vituperata pesca a strascico rappresenta il 20 per cento della flotta peschereccia, con 2088 unità e circa 7000 lavoratori, per il 30 per cento degli sbarchi e il 50 per cento dei ricavi. Su quest’ultimo dato incide soprattutto la tipologia del pescato che coincide con la cosiddetta “paranza”. Allargando l’orizzonte, in Europa questo metodo di pesca contribuisce per il 25 per cento agli sbarchi totali di prodotti ittici e al 38 per cento dei ricavi, con 7000 imbarcazioni. 

«Il nostro - spiega Antonio De Leonardo, storico esponente della marineria vibonese - è comunque un metodo di pesca sostenibile che prevede la calata delle reti in mare per poche ore al giorno, mentre le nuove regole non impedirebbero alle grandi imbarcazioni di Paesi non europei di tenerle in acqua per molte più ore, con conseguenze ben più dannose per l’ecosistema marino».

In gioco non ci sono solo i posti di lavoro, spesso unica fonte di sostentamento per centinaia di famiglie, ma anche la tracciabilità dei prodotti ittici e il futuro stesso di un mercato, quello ittico italiano, che già per il 70 per cento dipende all’import da Paesi extra Ue.

«Il rischio, di questo passo - denuncia Gregoria Gioffrè, della Uila Pesca Calabria -, è che si arrivi al 100 per cento di prodotto estero e che si perda completamente il vero pescato italiano. Tutto l’indotto economico subirà le conseguenze del nuovo Piano con perdite importanti di posti di lavoro».

Un Piano che, spiega Daniele Gualtieri, segretario generale Flai Cgil Magna Graecia Cz-Kr-VV, «va contro le specificità del nostro territorio e incombe ancora di più su un comparto già in estrema difficoltà. Da qui vogliamo rilanciare la tutela di questo settore che ha rappresentato una risorsa importante e deve continuare a farlo».

E neppure le ragioni ambientali sottese al “no” europeo alla pesca a strascico, secondo Stefania Taverniti del Coordinamento pesca regionale Flai-Cgil Calabria, giustificano misure così stringenti. «Le questioni ambientali - dice - non possono essere le stesse dal Nord Europa al Mediterraneo. È questo che chiediamo: essere ascoltati in relazione alle nostre peculiarità». 

«La mobilitazione - annotano infine segretari territoriali di Flai Cgil, Rinaldo Tedesco, e Uila Uil, Pasquale Barbalaco - unisce cooperative, imprese e sindacati per sostenere il futuro della pesca anche nel territorio calabrese. L’obiettivo è quello di salvaguardare un settore che garantisce sicurezza alimentare e un approvvigionamento alimentare equo, salutare, sostenibile e prodotti freschi, locali e con alti standard di qualità, che rispettano le regole di tracciabilità e certificazione europea, e allo stesso tempo assicurare un futuro a migliaia di lavoratori, cooperative, imprese, famiglie e territorio».