Il ricordo dell'“orafo delle Madonne” nelle parole di Peppe, che insieme al fratello Giancarlo sta facendo proseguire una storia iniziata diversi decenni fa. Un passato straordinario, fatto di incontri con papi e regine, e lo sguardo al futuro: «Pronti a creare una scuola di formazione» (ASCOLTA L'AUDIO)
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Parla per la prima volta Peppe Spadafora, a due anni dalla morte del papà Giovambattista, il grande orafo calabrese conosciuto e apprezzato in tutta Italia.
Peppe è l’erede, con i fratelli Giancarlo e Monica, di una storia fatta d’un passato straordinario, è la storia di una famiglia che ha radici profonde, quella degli Spadafora di San Giovanni in Fiore, che ha scritto pagine straordinarie sin dalle origini dell’arte orafa calabrese.
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La famiglia è di umili origini, e Peppe Spadafora non lo dimentica: «Nessuno dovrebbe dimenticare da dove viene. Perché è dal passato che bisogna partire. La mia famiglia è partita dal zero, papà l’ha portata molto in alto rimanendo sempre umile: un figlio del popolo rimasto tale anche quando ha incontrato papi, regine, attori e grandi personalità del mondo della cultura e dello spettacolo». E per dirla tutta, Giovambattista Spadafora ha ‘incontrato’ Gioacchino da Fiore!
«E non è solo una battuta. Papà ha capito prima di chiunque altro che il grande abate calabrese doveva essere calato nei tempi moderni. Così nei primi anni ‘80 si è ispirato al Liber Figurarum di Gioacchino per realizzare una serie di gioielli destinati ad un pubblico moderno, ma non banale. Aveva visto bene. Oggi sono i gioielli che hanno avvicinato l’Abate ai giovani».
Incontrava papi e cardinali ma è sempre stato vicino ai parroci di periferia: «Era un uomo semplice e sempre sorridente. Aiutava riservatamente le chiese più povere. Sue sono le tante corone che oggi cingono il capo di tanti santi. Lo chiamavano ‘l’orafo delle Madonne’. Un appellativo che risale ai primi anni ‘80, quando Papa Giovanni Paolo II, nella sua storica visita a Cosenza, nello stadio San Vito, poté benedire per la prima volta le corone realizzate da Giovambattista Spadafora per il quadro della Madonna della Catena di Laurignano. A quell’incontro ne seguirono altri 5, fino al 2000».
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Un modo assolutamente nuovo di concepire l’arte orafa nasce con Giovambattista Spadafora, «che ha influenzato l’intera arte orafa calabrese - dice il figlio -. Lui dava una precisa identità e un’anima alle sue realizzazioni. Dovremmo tutti prendere esempio da lui: lavorare insieme, ognuno con le proprie caratteristiche, senza entrare mai in conflitto. La Calabria ha bisogno di una rete di imprese forti che stanno sul mercato. C’è tanto spazio, possiamo fare in Calabria un grande polo dell’arte orafa, per essere pronti alle grandi sfide dei mercati. Sfide che saranno dure e che nessuno può vincere da solo».
Il mercato richiede formazione e professionalità. Purtroppo questo sta venendo meno. Ed è una carenza grave. «Concordo. La famiglia Spadafora è pronta a contribuire a creare una seria scuola di formazione di maestri orafi e di restauratori di arte sacra. Lo abbiamo detto più volte in passato. Ci sarebbe bisogno che le Istituzioni preposte indicassero un percorso condiviso. Questo darebbe lavoro a fior di maestri dei quali il settore ha grande bisogno».
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Spazio poi al rapporto tra Spadafora e il cinema: «Alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia siamo di casa da anni. Abbiamo realizzato opere che hanno lasciato il segno. Proprio in questi giorni abbiamo consegnato una nostra produzione a Russel Crowe ospite di Calabria film Commission. Ma prima ancora è stata la volta di Richard Gere, Kevin Space, Franco Nero e tanti altri, e poi il premio Anna Magnani. In sostanza dalla Loren in giù, sono tantissime le dive che indossano gioielli Spadafora. Ma quello che più conta è che i nostri gioielli raccontano la Calabria nel mondo. Fanno conoscere e apprezzare la nostra terra, la nostra arte».
Ma una cosa che merita una particolare attenzione è un bellissimo catalogo sulla “Collezione di ori antichi della famiglia Spadafora” (editore Rubbettino), autrice Rosa Romano, giornalista e storico dell’arte, specializzata alla Federico II di Napoli, una vita al Ministero dei Beni culturali, con una particolare attenzione alla storia dell’arte meridionale, fra l’Ottocento ed il Novecento. Nel libro si narra la storia delle creazioni in oro a cominciare dal Settecento, fino ai giorni nostri con Giovambattista Spadafora, scomparso all’età di 82 anni. Della collezione fanno parte circa 500 gioielli storici che raccontano una storia sociale e culturale di Napoli e della Calabria nel corso degli ultimi 200 anni. Collezione certificata dal Ministero dei Beni Culturali.
Fondamentale l’apporto dato al libro dall’architetto Pasquale Lopetrone, saggista, storico, professionista del restauro monumentale e di allestimenti museali, esperto studioso di architettura medievale.
Una storia, quella degli Spadafora, che ora continua con Peppe e Giancarlo, che ne hanno ereditato l’ingegno e il genio artistico del maestro; insieme alla dinamica sorella Monica, molto attenta alla storia della famiglia e alle sue proiezione esterne.