Molti titolari di attività produttive e commerciali strangolati da periodi di chiusura prolungata o aperture a singhiozzo
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Il Covid ha creato un effetto simile a un'onda di tsunami. Inutile aggiungere altro. E non lo ha purtroppo fatto soltanto a livello sanitario, il più importante, ma pure distruggendo larghi strati del tessuto socio-economico. Molti titolari di attività produttive e commerciali, anche ben avviate, sono infatti finiti ko, strangolati da periodi di chiusura prolungata o aperture a… singhiozzo, con forti limitazioni, e comunque dal crollo del vecchio volume di affari.
E se ciò è accaduto nelle aree più floride del Paese, figuriamoci in un contesto fragilissimo come la Calabria. E, soprattutto, se a 'piangere miseria' - un po' come avviene sovente, del resto - è la parte datoriale che, eccezion fatta per quanti gestiscono una microimpresa o un'azienda a conduzione familiare, le spalle un po' più larghe o in alcuni casi parecchio più larghe (leggasi una dotazione finanziaria sufficiente a tenere botta pur con degli indubbi disagi) ce le ha, pensate alla condizione vissuta dall'anello debole della catena: i poveri dipendenti.
Parliamo di chi vive un vero dramma, comune a migliaia di persone (fra cui molte madri e padri di famiglia) smarritesi nei 'caotici meandri' delle casse integrazioni (cig o cigo o cigos, dipende dalle varie situazioni) - ordinarie e straordinarie - in cui in parecchi non ci hanno capito un granché nel frattempo restando a... secco.
Una realtà che però a ben vedere, con i tempi grami correnti, appare persino privilegiata, anche se suona pazzesco, per quei lavoratori subordinati (a tempo determinato e indeterminato) in possesso di un regolare contratto, i quali una scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta l'hanno più o meno trovata.
Nemmeno un piccolo salvagente hanno invece avvistato fra le onde altissime quelli che sapevano di avere un contratto farlocco o addirittura erano sfruttati in nero. Gente disperata a cui il blocco dei licenziamenti, senza tuttavia un euro in tasca, si è rivelato una beffa e non certo una confortante notizia.
Tutto questo mentre si hanno evidenze di cig (di tutte le forme), addirittura risalenti alla primavera dell'anno scorso, non pagate. In particolare alle banche che in alcuni casi le hanno anticipate, su richiesta di azienda e dipendenti, rivalendosi poi sui loro correntisti a fronte dei ritardi biblici dell'Inps nei pagamenti. Un fatto che va chiarito a beneficio, lo si ribadisce, di centinaia di nuclei familiari in difficoltà.