Il 42% degli intervistati è contrario mentre il 32% mantiene la neutralità, favorevole il 26%: il dato emerge dal 19esimo rapporto sull'economia locale realizzato dall'istituto presentato questa mattina a Cosenza
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Metà degli imprenditori calabresi non è convinta dell'autonomia differenziata perché «il processo aumenterà il divario e porterà maggiori vantaggi al Nord con un taglio delle risorse nel Mezzogiorno». È quanto emerge dal 19esimo rapporto sull'economia locale, realizzato dall'Istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, presentato questa mattina nella sede della banca.
«Dal nostro rapporto - ha dichiarato il presidente della Banca Nicola Paldino - emerge una posizione prioritariamente critica degli imprenditori circa il concreto impatto che il processo di autonomia differenziata potrebbe avere sul sistema economico calabrese. Definire i Livelli essenziali delle prestazioni non significa riuscire a garantirli perché sono necessarie risorse finanziarie importanti, per cui al momento sembrerebbero configurarsi come il tallone di Achille del regionalismo differenziato».
Secondo lo studio, oltre 4 imprenditori su 10 si dicono assolutamente contrari e circa 70mila operatori economici sono preoccupati che la riforma Calderoli possa fiaccare ulteriormente il già fragile sistema economico e sociale calabrese. Tra i principali motivi di contrarietà, la business community indica l'aumento del divario tra Nord e Sud, l'impossibilità attuativa annunciata visto il fallimento del "regionalismo sanitario", la battaglia ideologica e secessionista delle realtà territoriali del Nord e la contrazione delle risorse per l'erogazione dei servizi pubblici destinata al Mezzogiorno.
Nello specifico, il 42% degli intervistati è contrario all'autonomia differenziata, perché «porterà più vantaggi al Nord e più svantaggi al Sud, in quanto ci saranno meno aiuti per le regioni disagiate che avranno meno risorse per i servizi pubblici». Più contenuta la schiera dei favorevoli, il 25,9%, convinta, invece, che la devoluzione «porterà vantaggi a tutta l'Italia, e le regioni diventerebbero maggiormente responsabili nella gestione delle proprie risorse e dei servizi pubblici», mentre un terzo, il 32,1%, ha espresso un certo grado di neutralità dichiarandosi «né favorevole né contrario».
Alla presentazione del report era presente, tra gli altri, l'assessore regionale allo Sviluppo economico Rosario Varì. «Il governo regionale - ha precisato - ha una posizione molto chiara, ovvero nessun pregiudizio verso l'autonomia differenziata a patto che prima vengano definiti i Lep. Finanziare e di conseguenza aumentare il livello delle prestazioni e dei servizi si traduce in vantaggi per l'economia calabrese e questa, a nostro giudizio, è la precondizione fondamentale. Anche perché la Calabria ha la possibilità di sottoporre ad intesa materie importanti, per le quali c'è un gettito non indifferente, e quindi potrebbe trattenere risorse sul territorio e mi riferisco alla materia dell'energia e dei porti».
Il parere sui servizi pubblici essenziali
Nel report, il parere degli imprenditori calabresi riguardo ad alcuni servizi pubblici essenziali è pessimo, soprattutto per la rete ospedaliera e il sistema sanitario, ritenuti poco efficienti da quasi l'intero campione (96,8%), ma anche per la rete stradale, ritenuta per nulla efficiente da 9 intervistati su 10 (90,8%). Altrettanto negativo è il giudizio sulla rete autostradale e sul trasporto ferroviario, rispettivamente dall'81,8% e dall'81,3%.
Altri servizi pubblici essenziali, tra cui le utilities locali, sono ritenuti, invece, efficienti da più della metà del campione. È il caso della rete Internet, valutata abbastanza efficiente dal 64,7% del campione, analogamente all'energia elettrica e al gas ritenuti efficienti rispettivamente dal 61,4% e dal 56,5% degli intervistati.
Secondo il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio, «risulta fondamentale colmare alcuni aspetti rimasti in sospeso fra cui la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) sui cui attuare una perequazione delle risorse. Spetta, dunque, ai decisori istituzionali la capacità di mettere gli enti locali che hanno meno risorse nella condizione di poter garantire i servizi previsti dai Lep, al pari di quegli enti che al contrario riescono a produrre maggiori risorse proprie garantendo ai cittadini servizi e prestazioni».
Clima di fiducia
Nonostante le difficoltà, dai dati emerge un clima di fiducia per il 2023: aumenta al 27,7% (dal 13,5% del 2022) la quota degli operatori economici che prevedono una ripresa, mentre resta più stabile salendo di poco al 25,2% (23% nel 2022) la quota degli imprenditori "pessimisti" che prevedono una recessione dell'economia (somma dei giudizi "negativo" e "molto negativo").
Si riduce, invece, in maniera significativa dal 63,5% al 47%, la percentuale di quanti sono convinti che anche quest'anno sarà un periodo caratterizzato da stabilità congiunturale, per cui il saldo (differenza tra previsioni positive e negative) per la prima volta sale, anche se di poco, nell'area positiva di crescita a +2,5% (dal -9,5% dell'anno precedente). Entrando nel dettaglio dei singoli indicatori, solo alcuni consolidano la ripresa dell'anno precedente, altri restano quasi stabili e altri ancora in leggero calo. In area positiva si collocano fatturato (+15,6 punti), investimenti (+10,0 punti), disponibilità di credito (10,7 punti). In area negativa, al contrario, si posiziona l'andamento della liquidità (-2,1 punti).
Più stabili le previsioni su una ripresa dei livelli occupazionali a quota 100,8 che registrano un leggero miglioramento (+1,6 punti). L'indice riguardo le aspettative dell'economia regionale, infine, continua a rappresentare il fattore più critico collocandosi ancora in area negativa, tuttavia nell'ultimo anno, dopo la discesa del 2022 (-5,1 punti), fa registrare un notevole miglioramento con un rialzo di ben 33,2 punti attestandosi al valore più elevato della serie storica, passando da 52,3 a 85,5 punti.