Il rapporto Istat per l'anno 2022 segnala che il 76,8% del valore corrente della produzione agrituristica è stato assicurato dalle regioni del Nord-Est e del Centro
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La sola Toscana conta più agriturismi di tutto il Sud Italia. Sono le regioni del Nord-Est e quelle del Centro a credere maggiormente in questo comparto affascinante e crescente del settore agricolo, garantendo la porzione più rilevante del valore economico in ambito nazionale. In un precedente approfondimento pubblicato su LaCNews24 abbiamo già fatto presente come le attività agrituristiche stiano aumentando di numero in tutta Italia e anche ad un ritmo importante: venti anni fa, nel 2004, erano poco più di 14mila, mentre secondo l’ultimo rilevamento Istat relativo al 2022 sono diventate quasi 26mila, con un aumento dell’1,8% rispetto al 2021.
La regione leader è la Toscana con 5.634 attività a fronte delle 25.849 del dato nazionale, seguita da Trentino Alto Adige (3.907) e Lombardia (1.738). Sono centro-settentrionali anche la quarta classificata (il Veneto, con 1.613 unità), la quinta (il Piemonte con 1.413) e la sesta (Umbria, 1.296). Tutto il Mezzogiorno, Isole comprese, contava, sempre nel 2022, 5.075 agriturismi, registrando quindi 559 unità in meno a fronte della sola Toscana che rappresenta il 21,80% del totale Italia. Nelle terre del Sole primeggiano la Sicilia (975), la Puglia (960) e la Campania (897). La Calabria si è collocata 17ma nella graduatoria delle regioni italiane, avendo raggiunto quota 553 (il 2,14% del dato nazionale). Questi numeri ci dicono che il Mezzogiorno può e deve dedicare maggiore attenzione alle attività agrituristiche, avendo di fronte a sé ampi margini di crescita. Del resto, in vasti territori in cui il clima è molto favorevole per molti mesi all’anno, e le tradizioni agroalimentari ed enogastronomiche sono assai radicate con connotazioni uniche e distintive, accanto a un patrimonio immenso in termini storico-artistici, culturali e identitari, l’agriturismo e le diverse attività ad esso connesse (oltre ad alloggio e ristorazione, che sono le più rilevanti, anche escursionismo, trekking, fattorie didattiche, equitazione, mountain bike, ecc.) trovano un habitat assolutamente congeniale. Né si trascuri che nell’anno preso in considerazione il valore corrente della produzione agrituristica, comprendente anche le attività ricreative e sociali, ha superato 1,5 miliardi di euro, corrispondenti al 4,4% del valore economico dell’intero settore primario. Il 76,8% di questi 1,5 miliardi di euro è assicurato dalle regioni italiane del Nord-est e del Centro, rispettivamente con il 39,9% e il 36,9%, mentre il Sud contribuisce con il 9,9% e le Isole (Sardegna e Sicilia) con il 2,3%. Un divario territoriale che la politica dovrebbe esaminare con estrema attenzione, e rispetto al quale l’ex Regno di Napoli avrebbe tutte le carte in regola per riuscire a colmarlo.
Intanto l’agriturismo meridionale è sempre più rosa, con valori record in Basilicata, Campania e Calabria. È sul fronte dell’impegno imprenditoriale delle donne, infatti, piuttosto che su quello della quantità delle aziende e dei fatturati, che il Meridione si distingue. Le donne alla guida delle aziende agrituristiche - ha sottolineato l’Istat - nel 2022 sono state 8.820 (34,12% del valore complessivo), con un leggero aumento rispetto al 2021 (+0,7%). La quota maggiore di conduttrici si è registrata nelle regioni del Sud (46,55%), Sicilia e Sardegna escluse: 1.547 sul totale di 3.323, con punte massime in Basilicata (104 su 211, pari al 49,29%), Campania (429 su 897, pari al 47,83%) e Calabria (258 su 553, pari al 46,65%). In Toscana, invece, che come abbiamo visto si è posizionata in testa alla graduatoria delle regioni, gli agriturismi guidati da donne sono giunti a quota 1.750 su 5.634 (il 31,06%), per dimezzarsi in Trentino Alto Adige: 605 su 3.907 (15,48%).
L’età media dei conduttori di un’azienda agrituristica nel 2022 - emerge dal rapporto Istat - è stata di poco inferiore a 50 anni (era di 55,6 anni nel 2004), senza quasi distinzione tra gli uomini e le donne. Il periodo 2004-2022, inoltre, è stato connotato da una progressiva riduzione dell’età media del conduttore che sembrerebbe confermare la crescente attrattività di questo settore nei riguardi di soggetti più giovani. I conduttori con meno di 40 anni di età sono risultati il 34% (quando erano soltanto il 4,1% nel 2004), quelli tra 40 e 50 anni il 20% (erano il 3,5% nel 2004), quelli tra 51 e 64 anni il 40,2% (erano il 17,2% nel 2004) e infine, un dato questo giudicato molto significativo dall’Istituto di statistica, la forte contrazione dei gestori con più di 64 anni, che è passa dal 78,7% del 2004 al 25,8% di quasi vent’anni dopo. Rispetto alle macroaree geografiche, la percentuale più alta di conduttori con più di 64 anni è stata registrata nel Centro Italia (34,1%), quella dei conduttori tra 51 e 61 anni nel Nord-ovest (44,65), mentre nel Nord-est è emersa la maggiore percentuale di aziende gestite da imprenditori con meno di 40 anni (23,1%).