La Conferenza episcopale calabra chiede ai parlamentari e al governo un maggiore impegno per trovare una giusta soluzione che dia dignità a quanti per più di venti anni hanno sopportato un costante stato di precarietà lavorativa
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«La Conferenza episcopale calabra esprime la propria profonda preoccupazione per le vicende legate al destino degli oltre 4.500 ex lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità» è quanto si legge in un documento della Cec, firmato dal presidente Vincenzo Bertolone, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace. «In una terra in cui grande e antica è la fame di lavoro, dove i fenomeni corruttivi e la criminalità organizzata sfibrano il tessuto sociale - prosegue il documento dei vescovi calabresi - non possono lasciare indifferenti le tensioni originate dal rischio di veder sfumare altri posti di lavoro, sia pure sin qui precari. Soprattutto, procura amarezza il dover constatare come, indipendentemente dalle questioni di merito, sia venuto meno il dialogo e sembra essere sul punto di lacerarsi irrimediabilmente anche il rapporto tra i lavoratori e le istituzioni, specie quelle di livello superiore».
Continua il documento della Cec: «La Calabria, ove già alto è il tasso di disoccupazione, non può permettersi di perdere così tanti posti di lavoro e un reddito per altrettante famiglie. Sarebbe una catastrofe. Nel mentre rivolgiamo il nostro pensiero ai tanti senza lavoro, o che il lavoro l'hanno perso, ai tanti fratelli e sorelle e tanti immigrati che trascorreranno il Natale senza casa né affetti familiari, chiediamo ai parlamentari ed alle forze di governo un supplemento di impegno e di responsabilità, per trovare una giusta soluzione, che dia dignità a quanti per più di venti anni hanno sofferto un grave stato di precarietà lavorativa».
Il documento della Cec conclude affermando che «le chiese della Calabria auspicano un'immediata ripresa del confronto, per la costruzione di prospettive capaci di restituire serenità e prospettive a famiglie e comunità oggi duramente segnate dai timori di nuove, inattese sventure occupazionali. È forte il desiderio che il tempo presente e quello che verrà possa essere opportunità di dialogo, di chiarezza e, per quanto possibile, di soluzioni, evitando forme di indifferenza e di silenzio ostinato che potrebbero portare a esacerbare gli animi».
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