La crisi provocata dall’aumento dei costi dell’energia rischia di travolgere le famiglie. I nuclei a rischio povertà energetica sono circa 4 milioni, pertanto, si trovano in questa condizione di difficoltà oltre 9 milioni di persone. I dati emergono da uno studio condotto dall’Ufficio studi Cgia (Confederazione artigiani e piccole imprese) sugli ultimi dati disponibili del Rapporto Oipe 20201.

Dati allarmanti, anche perché sicuramente sottodimensionati, poiché sono stati stimati ben prima dello shock energetico scoppiato nel nostro Paese a partire dalla seconda metà del 2021. Secondo l’elaborazione degli artigiani veneti, si stimano in condizioni di povertà energetica i nuclei familiari che non riescono a utilizzare con regolarità l’impianto di riscaldamento d’inverno, quello di raffrescamento d’estate e, a causa delle precarie condizioni economiche, non dispongono o utilizzano saltuariamente gli elettrodomestici ad elevato consumo di energia. Nell’identikit delle famiglie “vulnerabili” energeticamente si trovano quelle con un elevato numero di componenti che risiedono in alloggi in cattivo stato di conservazione, con il capofamiglia giovane, spesso inoccupato e/o immigrato.

Le famiglie del Sud in difficoltà

La frequenza della povertà energetica al Sud è la più elevata d’Italia, dove interessa tra il 24 e il 36% delle famiglie residenti in questo territorio. In termini assoluti è la Campania la regione maggiormente in difficoltà: il numero delle famiglie che utilizza saltuariamente luce e gas oscilla tra le 519mila e le 779mila unità. Altrettanto critica è la situazione in Sicilia dove la forchetta oscilla tra i 481mila e i 722mila nuclei familiari e in Calabria che presenta un range tra le 191mila e le 287mila famiglie in difficoltà nell’utilizzo quotidiano di energia elettrica e metano.

Un po’ meno critica, ma comunque con una “vulnerabilità” energetica medio-alta, scorgiamo le altre regioni del Mezzogiorno e alcune del Centro che presentano una forchetta che varia dal 14 al 24 per cento delle famiglie residenti: la Puglia (con un numero di nuclei compreso tra i 223mila e gli 383mila), la Sardegna (tra 102mila e 174mila), le Marche (tra 90mila e 154mila), l’Abruzzo (tra 77mila e 132mila) e l’Umbria (tra 53mila e 91mila). La situazione migliora man mano che si risale la penisola.

Nella fascia a rischio medio-bassa (tra il 10 e il 14 per cento delle famiglie coinvolte), notiamo il Lazio e alcune regioni del Nord: Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Nella fascia più bassa, infine, quella che comprende un numero di nuclei familiari in difficoltà che va dal 6 al 10 per cento del totale, annovera la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana e il Trentino Alto Adige.