Dal governo arriva un salvagente per gli incentivi alle imprese che investono nella Zona economica speciale del Mezzogiorno. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri che ha inserito, nel decreto legge omnibus approvato ieri, un rifinanziamento di 1,6 miliardi, aggiuntivi rispetto agli 1,67 miliardi iniziali. La quota dunque raddoppia anche (e soprattutto) per tamponare la decisione dell’Agenzia delle Entrate che, a fronte dell’elevata entità delle prenotazioni (domande per oltre 9 miliardi), aveva abbassato bruscamente l’entità del credito d’imposta.

La norma introduce anche un obbligo di comunicazione a carico delle imprese, da inviare all’agenzia delle Entrate tra il 18 novembre e il 2 dicembre 2024, con il quale si attesti, «a pena di decadenza dall’agevolazione», «l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti indicati nella comunicazione» sull’ammontare delle spese ammissibili sostenute dal 1° gennaio 2024.

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È un modo per evitare che le prenotazioni dei bonus restino puramente teoriche e possano provocare una decurtazione del beneficio potenziale per tutti. Il vincolo, in effetti, non era stato introdotto in sede di predisposizione delle regole, mentre ad esempio è stato da subito previsto nel caso di altri crediti d’imposta.

Insomma, è stato introdotto un meccanismo più puntuale di controllo degli investimenti effettivi assieme a un aumento della dote: così il governo spera di coprire tutte le domande “reali” che saranno presentate ed evitare quella che molti hanno definito una beffa per le imprese.

Ricapitolando, il credito d’imposta nella Zes era stato finanziato con 1,67 miliardi per il periodo 1 gennaio-15 novembre 2024 (cui si aggiungono ora altri 1,6 miliardi per un totale potenziale di 3,27 miliardi).

Il ministro Raffaele Fitto parla di «uno stanziamento comunque ampiamente superiore a quelli previsti negli anni precedenti» e rimarca che, seppure si sia superata quota 9 miliardi nelle richieste, «solo 167 milioni si riferiscono a investimenti effettivamente già realizzati». Anche per questo i nuovi controlli dovrebbero rendere la misura più sostenibile. 

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L’agenzia delle Entrate, di fronte al divario tra dote e richieste, era stata costretta a rivedere al ribasso l’agevolazione, precisando che «la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile è pari al 17,6668 per cento dell’importo richiesto». Questo significa che una piccola impresa collocata in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, a cui spetterebbe un credito d’imposta del 60% sugli investimenti effettuati, avrebbe avuto diritto ad un credito d’imposta effettivo del 10,6% (il 17,6% del 60%). Senza contare poi che il credito d’imposta nella Zes non è cumulabile con il nuovo credito d’imposta per gli investimenti del piano Transizione 5.0.

La norma approvata in Consiglio dei ministri, ha spiegato Fitto, prevede anche un’altra fonte di copertura, i programmi di coesione Ue 2021-2027: «Ulteriori 4,2 miliardi al netto di somme già impegnate e dei vincoli di destinazione». In realtà, il Dl precisa che il ministero delle Imprese e del made in Italy e le singole Regioni rendono noto entro il 15 gennaio 2025 la «possibilità» di agevolare gli investimenti nella Zes con i programmi Ue sulla competitività delle Pmi di cui hanno la titolarità.