C’è un Vinitaly che, di anno in anno, mette in secondo piano i prodotti e i mercati, dando spazio a una componente umana che rappresenta la parte migliore della Calabria e della Calabresità. Saperi, rapporti, relazioni, conoscenze, esperienze, amicizie autentiche che si tramandano di generazione in generazione. Il rito si ripete puntualmente, accompagnato da incontri affettuosi, saluti calorosi, abbracci, chiacchiere, sorrisi… 

In qualche caso (privilegio per pochi) la degustazione di lacrimanti fette di soppressata o di ottimo formaggio sono utili per non dimenticare mai che i vini di una terra antica significano prima di tutto stili di vita a misura d’uomo. Si recepiscono le nuove tecnologie, le imprese e le aziende diventano sempre più moderne e attrezzate, ma il “dna” sociale non sparisce, non si allenta, e marca forte un’identità che, a ben pensare, è una delle risorse più importanti sulle quali puntare.

Una delle tappe più significative per un operatore della comunicazione che giunge dalla Calabria alla kermesse veronese è quella dello stand Caffo, al padiglione 3. L’area cocktail, animata da valentissimi bartender, è assediata come sempre, tra conferme di sapori e sensazioni, e novità internazionali. 

La squadra di vertice dei collaboratori, sempre affabili, gestisce tempi e incontri. Una pacca sulla spalla, una battuta. Ci sono anche quelli che giungono dagli States, come Alessio Pane, che però non dimentica mai le sue origini lametine. All’interno dello spazio espositivo, tra i più eleganti della fiera, Nuccio e il padre Pippo. Li ho fotografati sul divanetto che in quattro giorni ha messo questo prestigioso gruppo in contatto con il mondo intero. 

Sono lì, come ogni anno, e non dimenticano mai di presidiare l’area collettiva allestita dalla Regione Calabria dove tanti colleghi richiamano alla memoria aneddoti risalenti anche a qualche decennio, ambientati in questa o quella grande fiera, dalla Germania all’America, dalla Francia agli altri continenti.
Nuccio, che guida ormai da diversi anni il gruppo, è sempre molto informato, puntuale e attento. Pippo gli sta accanto, come un angelo custode, anche se con ritmi più rilassati. In verità la sua presenza è quella di un padre orgoglioso del cammino fatto assieme. 

I due re dell’amaro Made in Italy non sono un’eccezione. Anzi. È sufficiente fare un salto nello stand dei Senatore, vitivinicoltori a Cirò da almeno quattro generazioni. Lello, medico di professione con alle spalle anche importanti esperienze politico-amministrative, intrattiene gli ospiti accanto al figlio Vito e ad alcuni nipoti, tra i quali il garbato e disponibile Antonio. 

Le vendemmie di Lello ragazzino, che mi trasmettono atmosfere utili a completare il mio bagaglio di conoscenze, sono quelle del palmento, delle notti trascorse a dormire accanto al mosto, del vino venduto sfuso nelle botticelle di legno. Quelle dei giovani Vito e Antonio hanno invece l’impronta delle tecnologie più all’avanguardia, della scienza che supporta la tradizione, delle bottiglie di pregio. Ma anche in questo caso i sentimenti positivi prevalgono sui numeri, il senso della missione che unisce i sacrifici di generazioni sono più forti dell’interesse economico.

Nel mondo del vino calabrese la componente femminile è in primo piano. È il caso della famiglia Lento i cui vigneti vengono allevati nell’area collinare di Amato, nel bel mezzo dell’Istmo di Catanzaro, Tra Jonio e Tirreno.
Salvatore Lento ha educato le figlie, Danila e Manuela, al gusto per l’eleganza, l’armonia, il bello, il miglioramento continuo. Quest’anno abbiamo parlato della nuova sfida dello Zibibbo, vitigno che meritava una generosa riscoperta. Li incontro da tanti anni ed anche in questo caso, come si può leggere sullo stesso sito ufficiale dell’azienda, “mantenere vivi i valori della tradizione familiare” è l’obiettivo principe. 

Potrei continuare per ore a raccontare spaccati di una Calabresità che può insegnare al mondo che cosa significa dimensione umana del vivere, che si ritrova tutta nel concetto di Dieta Mediterranea riconosciuta come patrimonio immateriale universale dall’Unesco. U

n ricordo commosso va al compianto Nino Autelitano, inventore dell’amaro Kaciuto e del Bergotto, la prima bibita gassata al Bergamotto di Reggio Calabria, a Bova Marina, nell’Area Grecanica. Lo incontravo di anno in anno, assieme al giovanissimo figlio Bruno, abile manager poco più che ventenne oggi impegnato nel guidare l’azienda verso nuovi traguardi. E Bruno è giunto al Vinitaly con uno dei fratelli minori e qualche solido amico stimato come un “cugino”. Le radici familiari sempre al centro, perché danno sicurezza, energia, stimoli per fare e resistere, più del perseguimento arido dei guadagni e del successo.

Infine, è stato bello nello stand di Tenuta Iuzzolini e di Fattoria San Francesco, riferimento primario per il vino calabrese d’eccellenza, incontrare assieme a Pasquale e Antonio le giovani figlie, impegnate nei rispettivi percorsi di studio ma già mature per respirare le atmosfere del Vinitaly. 

L’umanità dei Calabresi è un valore assoluto da non disperdere in un mondo globalizzato che tutto appiattisce, uniforma, standardizza e destruttura, a partire dalla dimensione familiare. Interessi colossali mirano a demolire le radici identitarie dei singoli popoli per costruire un unico “pollaio universale” in cui l’attività primaria sia il consumo frenetico di beni di bassa qualità: dal cibo al vestiario, dai mobili alle abitazioni. 

Le civiltà più antiche resistono ed è dovere di ognuno, come ho notato in maniera entusiasmante al Vinitaly, difendere modelli di convivenza disegnati dalla storia!