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«Un film già visto. Una tattica - quella del taglio del salame” una fetta per volta della presenza pubblica - già attuata con Telecom, Ferrovie, Enel, Anas, Alitalia, ecc. ecc. e che ha causato l’ulteriore desertificazione delle infrastrutture indispensabili al Sud per totale mancanza di investimenti. Questo, e non altro, “produrrà” la riduzione sotto il 50% delle quote dell’azionista pubblico in Poste Italiane».
Franco Sergio, presidente della Prima Commissione regionale, lancia un appello ai partiti ed ai politici, ai sindacati, alle associazioni di categoria, agli imprenditori ed ai cittadini, sul pericolo di svendita delle Poste, dopo le indiscrezioni uscite sui media circa il progetto di quotare un altro 30% in Borsa (dopo il 35 già venduto nei mesi scorsi).
«Non bastano le chiusure di uffici, il recapito a giorni alterni, e tutte le altre le pesanti ripercussioni sul Servizio Universale (che dev’essere garantito per legge) provocato dai ripetuti ritardi e tagli nei trasferimenti dovuti dallo Stato a Poste; si prefigura uno scenario di lento, progressivo ed inesorabile destino - simile appunto a quello di altri strategici enti – di contrazione prima e perdita poi, di presenze di strutture sul territorio, di personale, di competenze ed efficienza dei servizi agli utenti. Proprio utenti e cittadini saranno penalizzati – specie, lo ripeto, qui nel Meridione – e non perché il “pubblico” sia per definizione “migliore o più efficiente“ del “privato” ma perché ce lo insegna l’esperienza: tutte le operazioni attuate negli ultimi decenni sono state gestite male, e non hanno avuto e non hanno, un controllo circa i disagi che provocano ai contribuenti.
Inoltre - conclude Franco Sergio - prima della comunicazione dell’operazione da parte di Tesoro e Cdp, gli analisti della società Equita sim, controllata da Alessandro Profumo, hanno sponsorizzato a più non posso tra gli investitori la bontà dell’operazione. Oggi Poste percepisce da Cdp 1,6 miliardi come commissione di gestione del risparmio postale. Dopo l’operazione, Poste sarà in maggioranza controllata da una sua controparte contrattuale. E l'altro consulente della faccenda è stata Goldman Sachs, dove lavorava Costamagna (alla faccia dei conflitti di interesse). Come si può ben capire, tali meccanismi “mascherati” stile “matrioska”, evocano il fatto che, dietro certe operazioni enfatizzate come moderne greenshoe option, all’avanguardia, aperte all’Europa ed al mondo, vi siano i soliti… boiardi già di stato e banche, riciclatisi in finanzieri e manager d’assalto.
Se volessimo parafrasare la parabola evangelica, il governo Renzi, per pochi denari (2 – 3 miliardi raccolti da questa operazione di svendita di Poste) abbandonerà per sempre uno dei pilastri infrastrutturali del Paese.
Un errore epocale per i dipendenti, i cittadini ed i contribuenti, anche perché questo balletto di miliardi sembra un do ut des con l’Unione Europea rispetto a quanto l’Italia dovrebbe recuperare proprio dall’UE in relazione ai maggiori esborsi del nostro Paese e sulla flessibilità dei conti pubblici».