VIDEO | L'imprenditore di Cittanova, che dal 2010 aspetta il pagamento delle fatture per i servizi di custodia giudiziaria, oggi ha deciso di protestare davanti alla Prefettura di Reggio. Dieci lavoratori potrebbero essere licenziati. Alla fine degli anni Ottanta denunciò le richieste estorsive da parte delle cosche della Piana
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800 mila euro: è questa la cifra che la Prefettura di Reggio Calabria deve a Rocco Raso titolare della Edilferr di Cittanova, comune della Piana di Gioia Tauro. La denuncia proviene direttamente dall’imprenditore che stamani, insieme la figlio Antonio, ai suoi dipendenti, e al sindacato della Confesercenti è sceso in piazza per rivendicare il pagamento delle fatture che, a partire dal 2010, devono essere saldate. Nel 2015 è stato costretto ha emettere un decreto ingiuntivo, ma la causa è ancora pendente in tribunale. A rischio ci sono 10 posti di lavoro, 10 famiglie che potrebbero non avere più un futuro. «Mi sento davvero amareggiato, dice alla nostra testata, da anni chiedo che questa situazione venga sbloccata e mi rimbalzano da una parte all’altra degli uffici. Sono davvero stanco, mi sento umiliato».
La Edilferr nasce nel 1981 e oltre ad occuparsi di lavori edili detiene un grande magazzino dove svolge il ruolo di custodia giudiziaria. Queste fatture, non saldate, provengono proprio dagli oneri della custodia. «La nostra azienda- ha continuato Raso- come tante altre nel nostro settore, sta soffrendo la grave crisi del mercato edile; questi soldi avrebbero potuto risollevare le nostre sorti e lo abbiamo più volte sollecitato senza avere riscontri concreti, anzi abbiamo registrato ostruzionismo e ci hanno messo ad oggi in una situazione di insolvenza che rischia di fare chiude l’intera attività». Raso, che ha scritto per chiedere aiuto anche al ministro dell’ Interno Matteo Salvini, alla fine degli anni Ottanta è stato vittima del racket e grazie alla sua denuncia la sua azienda è stata inserita nella white list della Prefettura.
«Le cosche taglieggiavano tutte le aziende di Cittanova. Io ho denunciato- ha proseguito- e sono riuscito anche a far denunciare altri che come me subivano le richieste del pizzo e gli imputati sono stati condannati. Per onorare lo Stato ho vissuto per quasi cinque anni sotto scorta, ed ora lo Stato mi farà vivere il resto della mia vita senza pane e dignità». L’imprenditore poi ha ricoperto il ruolo di presidente dell’associazione regionale antiracket S.O.S. Impresa, proprio in virtù della denuncia sporta contro le cosche del territorio. «Siamo allo stremo- ci dice un dipendente dell’azienda. Noi continuiamo a lavorare ma da ormai due anni non riusciamo a tirare avanti. Adesso sono sette gli stipendi arretrati e non abbiamo più prospettive se queste fatture non verranno pagate. Abbiamo tutti figli e famiglie da mantenere e rischiamo di rimanere in mezzo alla strada».
A sostegno della famiglia Raso, e di tutti i dipendenti, è intervenuto Claudio Aloisio, presidente provinciale della Confesercenti il quale ha sottolineato come «le aziende non possono subire le lentezze della burocrazia. I lavoratori, come è giusto che sia, devono essere pagati ogni mese, i fornitori anche, e di certo non ci si può scontrare con i tempi dilatati delle amministrazioni statali. Occorre che il Palazzo di Governo dia una risposta immediata- ha concluso Aloisio- perché la provincia reggina non si può permettere di vedere chiudere l’ennesima attività». In tarda mattinata Rocco e Antonio Raso sono stati ricevuti dai funzionari prefettizi e hanno avuto qualche rassicurazione per il saldo delle spettanze. Oggi la sua azienda è stata chiusa, ma in lui c’è la voglia e la determinazione di continuare a lavorare. «Mi hanno garantito che pagheranno tutto quello devono. Per quanto riguarda- ci spiega l’imprenditore- il decreto ingiuntivo invece, devo fare un’altra richiesta all’avvocatura della Prefettura e poi sul punto decideranno i giudici. Adesso mi sento un po’ più fiducioso, ma spero solo che le promesse vengano mantenute altrimenti sarò costretto ad abbassare la serranda».