«Ventinove lavoratori regionali sono costretti a stazionare sulle scale o nell’atrio affianco ai distributori automatici di snack e bevande perché non hanno una sede agibile. È l’incredibile situazione in cui si trovano alcuni dipendenti della sede periferica di Crotone». La vicenda -denuncia il sindacato Csa-Cisal - rasenta l’assurdo: «Di fronte a lavoratori a cui non è riconosciuta la dignità di poter svolgere le proprie mansioni – si legge in una nota diffusa dal sindacato - è impossibile tacere: una Pubblica amministrazione degna di questo nome non può far finta di niente».

 I dipendenti a Crotone

Come nasce il “problema” dei dipendenti di Crotone che si sono ritrovati ad essere “in esubero”? «A seguito della cosiddetta “Legge Delrio” – spiega Csa-Cisal - molte delle competenze allora in capo alle Province sono “tornate” in capo alle Regioni. Di conseguenza la riforma prevedeva che un contingente degli attuali enti intermedi transitasse nei ruoli regionali. A Crotone, gli uffici della Regione Calabria all’epoca annoverano già 38 dipendenti, con la legge “Delrio” ne passavano altri 29 che sarebbero dovuti rimanere presso l’immobile della Provincia sito in via Giovanni Paolo II. A questo va aggiunto (tornerà utile più avanti) che nel novembre del 2016, per effetto della delibera n. 444, prendeva il via il progetto regionale “Fitti zero”. Un programma lodevole, che ha portato l’Amministrazione regionale a risparmiare complessivamente circa 890 mila euro e che si è concluso con il decreto n. 11363 del 6 novembre 2020 del settore “Economato”. Nel dettaglio il piano prevedeva appunto, a Crotone, il mantenimento della proprietà dell’immobile sito in via Filippo Corridoni per 38 unità lavorative. Aspetto cruciale della vicenda: nonostante la “Legge Delrio” contemplasse che oltre al trasferimento del personale (dalla Provincia alla Regione) ci fosse anche il passaggio delle competenze e delle strutture (quindi anche delle sedi di lavoro), la relativa proprietà è rimasta della Provincia di Crotone».

I locali inagibili

La situazione precipita quando «il dirigente “Datore di Lavoro”, assieme al “Responsabile della Salute e Sicurezza dei Lavoratori della Regione”, effettua un sopralluogo l’8 settembre del 2020 comunicando (con una nota a sua firma di due giorni più tardi) sostanzialmente l’inidoneità e l’inagibilità dei locali in via Papa Giovanni II, nella sede della Provincia di Crotone dove c’erano i 29 dipendenti regionali. Il dirigente “Datore di Lavoro” elenca una lunga serie di interventi manutentivi per rendere idonei e agibili i locali. Dalla “quotidiana pulizia e igienizzazione degli ambienti lavorativi” alla “eliminazione dell’umidità dovuta ad infiltrazioni di acqua all’interno del servizio igienico dedico alle donne e ubicato al primo piano…”, dalla “predisposizione di idonei raccoglicavi elettrici e telefonici al fine di evitare cadute accidentali” al “fissaggio adeguato a pavimento delle piastrelle in quanto sono amovibili e possono mettere a rischio l’incolumità delle persone”, dal “fissaggio della ringhiera della rampa di scale del terzo piano in quanto non fissata correttamente” alla “manutenzione dell’impianto termico” fino “alla dotazione ove mancanti, di sedie di lavoro che siano conformi a quanto stabilito dall’allegato XXIV del D.Lgs 81/08”».

«Ripetiamo - evidenzia il sindacato Csa-Cisal - sono soltanto alcune delle “contestazioni” spiccate dal dirigente “Datore di Lavoro” dopo il sopralluogo. Essendo di proprietà della Provincia le criticità non sono state risolte e così da poco è arrivato il provvedimento di chiusura».

Il triste destino dei 29 lavoratori

Da quel momento per i 29 dipendenti comincia l’odissea. «Si tratta – evidenzia la sigla sindacale- di 8 unità del dipartimento “Agricoltura”, 8 del dipartimento “Turismo”, 3 del dipartimento “Lavoro”, 3 del dipartimento “Ambiente”, 5 del dipartimento “Istruzione” e 2 del dipartimento “Salute”. Nella sede della Provincia “inagibile” è rimasta tutta la strumentazione informatica e i vari documenti di cui si occupavano i dipendenti, che a questo punto si sono ritrovati senza più una sede e soprattutto senza poter disporre di una propria postazione di lavoro. Come anticipato, stanno in mezzo alle scale della sede regionale che ha una capienza massima di 38 postazioni già occupate (in via Filippo Corridoni) in una situazione del tutto indecorosa. Di fatto si sono ritrovati “in esubero”».

Per alcuni «è stato deciso il trasferimento presso la Cittadella regionale, ma è evidente che ciò crea disagi ai lavoratori costretti ad affrontare un lungo viaggio per raggiungere Catanzaro e ovviamente una spesa non indifferente. Per gli altri, di tanto in tanto, dopo apposita autorizzazione rilasciata dai dirigenti di settore, entrano nello stabile, quello tuttora inagibile, giusto il tempo per poter consultare o ritirare la documentazione necessaria per portare avanti la propria attività lavorativa. La situazione è talmente incresciosa che un addetto alla vigilanza è costretto periodicamente a perlustrare l’area proprio per evitare furti o manomissioni di atti».

Le possibili soluzioni

Il sindacato illustra quindi le possibili soluzioni: «La Regione potrebbe rivendicare la proprietà della parte dell’immobile della sede della Provincia di Crotone e a quel punto stanzierebbe delle somme per far fronte agli interventi di manutenzione necessari per rendere i locali agibili. L’altra ipotesi, ma rischia di essere piuttosto dispendiosa, è quella che la Regione acquisti un nuovo edificio in grado di ospitare i 29 dipendenti. In alternativa, ma in questo ci sarebbe un clamoroso passo indietro, sarebbe necessario modificare la delibera 444 del 2016 (Fitti zero) per consentire la locazione di un immobile. Ma a quel punto i risultati virtuosi ottenuti con il programma rischierebbero di essere pregiudicati e si creerebbe un precedente utile per tante altre sedi». C’è un’altra strada, che - a giudizio del sindacato Csa-Cisal - potrebbe essere più che opportuna: «A Crotone, ci sono diversi edifici come quello, ad esempio, del Corap (Consorzio regionale per lo sviluppo delle attività produttive) che è in liquidazione.

L’acquisizione da parte della Regione (ci sono interlocuzioni in corso) di adeguati spazi, proprio in questa sede, potrebbe essere un buon tampone per l’incresciosa mancanza di postazioni per i 29 lavoratori. Senza escludere altre alternative, quantomeno provvisorie, come richiedere l’ospitalità dei dipendenti nelle varie sedi di Azienda Calabria Verde, Arsac, Protezione Civile e Aterp. Almeno in via transitoria prima della scelta risolutiva. Certo, dall’altro lato sarebbe anche il caso che il dirigente “Datore di Lavoro” allentasse un po’ la presa. Capiamo la rigidità nel suo operato ma – rimarca la sigla sindacale - trovare locali perfettamente idonei è praticamente impossibile e in effetti se l’eccessiva scrupolosità porta come risultato lavoratori senza proprie postazioni e dispersi in mezzo a delle scale forse sarebbe il caso di utilizzare anche il buon senso». 

L’appello dei sindacati alla Regione

Chieste risposte da parte dell’assessore al personale. «Va bene parlare di grandi progetti, del Pnrr e di rivoluzione della macchina burocratica. Ma se per 29 dipendenti - domanda il sindacato Csa-Cisal - non si riesce a garantire una sede di lavoro dove si vuole andare? L’Amministrazione regionale finora non è stata in grado di adottare alcuna soluzione adatta a porre rimedio a questa incresciosa situazione in cui sono incappati dipendenti senza alcuna colpa a loro attribuibile. Tutti sapevano e sanno, ma nessuno finora ha mosso un dito. Ci sembra proprio il caso che l’assessore al Personale s’interessi al più presto della spiacevole vicenda e sia pronto ad adottare azioni pragmatiche che vadano incontro alla tutela dei diritti dei lavoratori. Per questo chiediamo ufficialmente all’assessore un incontro a nome dei dipendenti che ormai sono disperati. Non ci si può certo girare dall’altra parte. Se necessario - conclude il sindacato- sia l’intera Giunta regionale a determinarsi per ridare dignità a questi lavoratori. E lo si faccia con urgenza».