I lavoratori reggini del consorzio regionale per le attività produttive ripercorrono le vicende che hanno condotto al default e puntano il dito contro la Regione che avrebbe depauperato il patrimonio
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I dipendenti Corap di Reggio Calabria non ci stanno a passare come la “zavorra” che ha mandato a fondo il consorzio regionale per le attività produttive, nato nel 2016 dalla fusione delle Asi provinciali.
Ecco il loro intervento:
«Come dipendenti dell’unità di Reggio Calabria, pensiamo che l’operazione messa in campo per dividere le realtà territoriali del Corap e, conseguentemente, i lavoratori, non corrisponda ai bisogni di un Ente vitale per lo sviluppo calabrese che necessità, invece, di essere rilanciato con alla guida un management di primo livello, capace di creare valore aggiunto anche attraverso una gestione oculata delle risorse umane e dell’ingente patrimonio immobiliare ed infrastrutturale di cui dispone (portato in dote soprattutto da Reggio Calabria.
La “divisione giornalistica” in “buoni e cattivi”, inserendo tra i primi Vibo Valentia (ricavi annui per € 5.300.000,00 a fronte di costi del personale per € 1.600.000,00), Crotone e Catanzaro (rispettivamente con ricavi di € 2.700.000,00 ed € 1.600.000,00 superiori al costo del personale), e rilegando nel girone dei cattivi Reggio (con ricavi per € 866.000 ed un costo del personale di € 2.800.000,00) e Cosenza (ricavi per € 927.115,00 e costo del personale di € 1.011.783,00), è frutto di un’analisi superficiale dello stato dei conti degli ex Consorzi di Reggio e Cosenza, ante istituzione del Corap, che vorrebbe in 38.000.000,00 di euro i debiti trasferiti dall’ex Consorzio di Reggio Calabria su un totale aggregato (somma dei debiti di tutti gli ex Consorzi provinciali accorpati nel Corap) di 109 milioni di euro.
Se si fosse proceduto ad una attenta e puntuale verifica dei conti, si invita a farlo!, si sarebbe appurato, per esempio, che fra i 38 milioni di euro di debiti dell’ex Asireg, dato 2015, solo una residua parte rappresentano debiti esigibili con certezza. Oltre 25 milioni di euro di debiti a lungo termine sono frutto di contabilizzazione delle c.d. “Convenzioni in conto progetti”, ovvero opere realizzate ai tempi dell’ex Casmez, prima, e dell’Agensud, dopo, e che rappresentano residui contabili di progetti ormai in gran parte chiusi e rendicontati, che vengono “contabilmente” riportati di anno in anno fin dagli anni antecedenti il 1993, anno in cui i Consorzi da Enti a contabilità pubblica diventano Enti pubblici economici (l. 317/1991).
Ed ancora, € 7.783.027,65 è il valore di IVA contabilizzato in via prudenziale durante la gestione dei progetti in Convenzione, contabilizzato quale probabile debito Iva da restituire all’Ente finanziatore, ma che in realtà andrebbe stralciato perché non più corrispondente alle convenzioni chiuse!
In sintesi: dei 38 milioni di euro dei debiti contabili del Consorzio di Reggio alla data del 31.12.2015, circa 33 milioni sono poste contabili di gestione di vecchi progetti in convenzione che non comportano uscite finanziarie, ed € 3.600.000,00 sono costituite da una cartella di pagamento oggetto di rateizzazione, mentre € 1.700.000,00 sono costituiti da debiti verso i dipendenti di Reggio per stipendi anno 2015, regolarmente pagati con il credito IVA di oltre € 4.500.000,00 rimborsato al Consorzio di Reggio Calabria tra il 2016 e 2017 dall’Agenzia delle Entrate ed utilizzato anche per pagare gli stipendi dei colleghi delle altre unità territoriali.
Se poi volessimo parlare di miserie umane, ovvero in capo a quale unità territoriale sono da ricondurre le attuali criticità dell’Ente, dovremmo ricordare che l’attuale crisi del Corap deriva da pignoramenti per oltre 10 milioni di euro e di questi nessuno riguarda il Consorzio di Reggio Calabria.
Rimangono in noi, ovviamente, molti dubbi su quanto avvenuto in questi anni ed anche tante amarezze! In primo luogo l’amarezza di assistere impotenti all’impoverimento dell’ex Asireg che in cinquant’anni di vita ha prodotto ricchezza all’intero Sistema Calabria, realizzando porti, interporti, depuratori, strade, fognature, servizi a rete, aree industriali ecc., con grandi capacità progettuali ed amministrative.
E poi i tanti interrogativi sul ruolo della Regione Calabria che, ricordiamo, non ha mai versato un euro nelle casse del suo più importante ente strumentale qual era l’ex Asireg, in barba a tutte le belle parole e ai buoni propositi! Ed è al nostro socio di maggioranza che chiediamo:
Perché ha consentito che oltre 100 ettari di terreni dell’area industriale della piana diventassero di proprietà dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro, senza che l’Ente statale versasse nemmeno un euro nelle casse del Consorzio di Reggio Calabria?
Perché, con la complicità di qualche suo “creativo” dirigente, non ha più riconosciuto al Consorzio di Reggio quanto ammesso agli altri enti economici regionali, ovvero il 10% per spese generali sui progetti e sulle opere realizzate, così come anche chiarito dalla Comunità europea?
Perché ha reso inattivo l’Interporto di Gioia Tauro, costato oltre 100 miliardi ex lire alla casse dello Stato, e che avrebbe creato una fonte di sussistenza certa per il Corap e per le centinaia di lavoratori calabresi, così come avviene in tutti gli interporti d’Italia?
Perché non “libera” produttivamente il più grande depuratore calabrese qual è quello di Gioia Tauro?
Ed infine, perché la Regione Calabria non eroga al Corap le risorse assegnate dal Consiglio Regionale per il triennio 2019/2021?
Questi interrogativi che da anni attendono risposte li affidiamo anche al giudizio della pubblica opinione cui trasferiamo la nostra preoccupazione per il futuro dell’Ente. Alla Regione chiediamo il rilancio dell’ente, da affidarsi ad un management di provata esperienza, sopratutto nel campo gestionale ed industriale e libero da ogni sorta di condizionamento».
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