VIDEO REPORTAGE | Nell'area di San Marco Argentano dove si concentrano le imprese cosentine che fanno capo al consorzio regionale domina il degrado. Le aziende sono abbandonate al proprio destino, costrette a scavare pozzi per l’acqua e a illuminare le strade con i propri lampioni. Banda larga e allacci fognari sono una chimera, mentre rifiuti, topi ed erbacce assediano la zona. Le storie di chi ogni giorno combatte per far sopravvivere la propria attività nell’indifferenza della Regione
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Il Corap, Consorzio regionale per le attività produttive, era nato con il più nobile degli intenti, ossia razionalizzare la spesa pubblica, aumentare l'efficienza dei servizi e ridurre gli sprechi all'osso, soprattutto dopo gli scandali che, in precedenza, avevano coinvolto i consorzi Asi, gli enti che, almeno nella teoria, si occupavano fino a quel momento delle Aree di Sviluppo Industriale. Molto più concretamente, elargivano stipendi d'oro a un numero imprecisato di manager dislocati nelle cinque province calabresi, senza che questi riuscissero a centrare gli obiettivi.
Nel 2013, l'allora presidente regionale Giuseppe Scopelliti, decide che gli enti e le società regionali vanno riordinati, riorganizzati ed eventualmente accorpati per evitare ulteriori danni. Con l'arrivo di Mario Oliverio alla Regione, nel 2014, viene varata una legge ad hoc che il 29 giugno 2016 dà vita a un decreto istitutivo del Corap. Da quel momento, il consorzio avrebbe dovuto sostenere lo sviluppo industriale delle aree designate, site in punti strategici, a ridosso dei principali snodi stradali della regione, e invece tre anni dopo il Corap raschia il fondo del barile a causa della montagna di debiti accumulati (pare si attestino sui 50 milioni di euro), e del sostegno alle aziende non si vede nemmeno l'ombra.
Imprenditori esasperati
Gli imprenditori che operano nelle aree Corap, da Reggio Calabria a Cosenza, non ce la fanno più. Tra loro, c'è chi aveva fortemente creduto nel progetto investendo tutti i risparmi di una vita e oggi si ritrova con un'azienda abbandonata al suo destino, senza acqua, senza illuminazione pubblica e senza allacci fognari, isolata dalle telecomunicazioni, sommersa dalle erbacce su strade dissestate e malconce, più simili a mulattiere, e minacciata da incendi, topi e serpenti. E' anche il caso dell'agglomerato di San Marco Argentano, oggi diventata area mista industriale/commerciale, a causa del forte rallentamento del settore della produzione.
Danni e degrado a San Marco Argentano
In uno degli stabilimenti dell'area, il "Rovere Srl", ci attende Paolo Rovere, giovane imprenditore che porta avanti la storica attività di famiglia, un'azienda che ha visto la luce oltre 50 anni fa e che nel tempo ha instaurato delle solide partnership in vari Paesi del mondo, Cina, Vietnan, Brasile e Spagna, solo per citarne alcuni. Paolo è anche il presidente dell'associazione Zef, Zona economica del Follone, l'omonimo fiume che dà il nome all'estesa pianura su cui sorge l'area. Ai nostri microfoni parla anche a nome delle altre associazioni che negli ultimi tempi hanno cercato di contrastare l'abbandono istituzionale a danno del territorio:«Non è mai stato fatto niente per migliorare l'economia della zona - ci dice -, siamo stati abbandonati a noi stessi. Mancano i servizi fondamentali, le reti idriche e fognarie, non possiamo usufruire di una linea internet accettabile, la fibra è completamente assente». E per sopperire a tutto ciò, gli imprenditori sono costretti a sborsare denaro continuamente per costruire pozzi d'acqua e vasche Imhoff e per illuminare autonomamente l'esterno dei capannoni e le strade pubbliche. Chi non può permettersi di installare in modo privato i sistemi di videosorveglianza, diviene costantemente oggetto di furti e atti vandalici. Molto spesso d'estate gli incendi minacciano di radere al suolo gli imponenti stabilimenti, all'interno dei quali lavorano numerosi dipendenti.
Difficoltà nei trasporti
Nella stanza, insieme a Paolo, ci sono una decina di colleghi in rappresentanza delle varie imprese dell'area del Follone. L'ingegnere Forte ci conduce nella Smart Res, azienda calabrese con una sede distaccata a Modena, che produce "etichette intelligenti, ossia tag rfid passivi, grazie ai quali gli oggetti ottengono una identificazione a radiofrequenza. Il giovane ingegnere ci racconta che di recente l'azienda ha acquistato una nuova linea di prodotti in Germania, ma quando il camion delle consegne si è trovato innanzi alla strada dissestata che porta dritto alla zona industriale, l'autista si è ha chiesto alla Smart Res di farsi carico di eventuali danni. Ma i disagi non sono finiti. «Abbiamo costantemente bisogno di aggiornare linee e programmi - dice Forte, e oltretutto dobbiamo rimanere in contatto con la sede modenese, ma la linea internet è lentissima, e questo rallenta e limita di molto il nostro lavoro».
L'odissea dei commercianti
Su questa vasta area erano stati in molti a scommetterci. Qui, infatti, non ci sono solo piccole e grandi industrie di vario genere, ma anche attività commerciali gestite da esercenti convinti che il coraggio di investire li avrebbe ripagati con la svolta economica. Invece, tre anni dopo, Gianfranco Russo, titolare della "Russo Gioielli", lamenta l'impossibilità di stabilire rapporti commerciali con altre aziende e soprattutto di lavorare tramite e-commerce per incrementare gli introiti e fronteggiare la concorrenza.
Le mancate promesse della politica
Mario Oliverio era tornato qui nell'autunno 2018 e, negando l'evidenza, aveva ribadito l'importanza del Corap e le intenzioni della Regione Calabria di supportare e finanziare le iniziative degli imprenditori locali. Ma la verità è che il consorzio naviga in brutte acque e i circa 100 lavoratori attendono lo stipendio dal marzo scorso. Eppure, il governatore, che ha tutte le intenzioni di ricandidarsi alla guida della Regione, non accetta l'evidente fallimento del consorzio e parla di possibile rilancio. Due giorni fa, si è tenuto un vertice in un'aula della Cittadella catanzarese, durante il quale sono state rese note le volontà politiche del presidente di reinvestire, o meglio, cominciare a investire nel progetto. A giorni è previsto un nuovo incontro, in cui si dovrebbe decidere, una volta per tutte, le sorti del Corap.
La posizione del Comune di San Marco Argentano
Durante il nostro viaggio nella valle del Follone, abbiamo incontrato anche gli assessori comunali Fenisia Di Cianni, delegata alle attività produttive, e Giulio Serra, oggi assessore ai lavori pubblici e infrastrutture, politiche urbanistiche e sviluppo territoriale del piccolo Comune cosentino, ma in passato ha ricoperto anche il ruolo di consigliere provinciale e regionale. Entrambi, all'unanimità, si dicono vicini agli imprenditori della zona industriale e dichiarano di non volerli lasciare soli, appoggiando ogni eventuale iniziativa, ma oltre a registrare una situazione che «nel tempo si è incancrenita», l'ente diretto da Virginia Mariotti ha fatto, o potuto fare, poco o nulla per evitare lo scempio.
Di chi sono le responsabilità?
Come in ogni storia calabrese, la malapolitica e la burocrazia contorta si fondono e si confondono e i confini delle responsabilità appaiono sempre meno netti. A dare un'idea di come siano andate le cose, ci pensa Walter Napoli, proprietario di uno degli stabili costruiti nell'area industriale. «Non sappiamo nemmeno con chi potercela prendere - ha detto - al comune scaricano le responsabilità alla Regione, alla Regione se la prendono con le vecchie Asi. L'amministrazione comunale,ad ogni modo, dovrebbe cominciare a vedere queste aree come aree di sviluppo e di certo c'è che il Corap ha fallito».