Terzo sit davanti la Prefettura in meno di due mesi per i duecento operatori che non vengono pagati ormai da dieci mesi ma continuano a lavorare. A rischio le cure per i pazienti che potrebbero essere trasferiti fuori città
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Nonostante le promesse di Asp e Regione continuano i disagi per gli operatori delle strutture psichiatriche reggine e dei familiari dei pazienti. Stamani, dinnanzi la Prefettura si è svolta terza protesta, in meno di due mesi, dei lavoratori che da 10 mesi non vengono pagati. A rischio c’è il posto di 200 persone che pur non essendo retribuite continuano ad erogare le prestazioni. «Ci prendono sempre in giro», dice alla nostra testata Giuseppe Foti, portavoce dei lavoratori. «Negli anni sono cambiati diversi governi, dal centro destra al centro sinistra, e le problematiche sono sempre le stesse. Siamo al collasso- dichiara il portavoce- molte famiglie dei lavoratori sono monoreddito. Perdere il posto vuol dire rovinare decine e decine di famiglie».
È un settore al collasso quello della sanità in generale e soprattutto quello del settore psichiatrico. Ma nel contempo è anche un settore fondamentale per i tanti pazienti e i loro familiari. Se le strutture dovessero chiudere i 200 pazienti non si sa che fine faranno però l’Asp i soldi ogni mese li riceve. «Ogni mese paghiamo la retta- ci dice Patrizia Polifrone, sorella di un degente psichiatrico, per questo noi vogliamo sapere questi soldi che fine fanno. Perché non pagano gli operatori?». Altro problema riguarda proprio l’eventuale trasferimento dei pazienti fuori dal territorio reggino, qualora le strutture dovessero chiudere. Non si sa dove andranno e soprattutto le difficoltà per le famiglie sarebbero enormi perché in Calabria i vari centri non hanno molti posti disponibili e si paventa la possibilità anche di un eventuale trasferimento fuori regione. «Mio fratello sta bene lì-continua la donna- ha i suoi affetti, i suoi amici ed è accudito bene dagli operatori. Le Istituzioni devono rispettare i loro diritti, non sono persone che facilmente possono spostarsi».
La paralisi dell'accreditamento
I lavoratori rappresentati dal sindacato Usb sono esausti. Da un lato gli vengono garantiti interventi concreti e dall’altro però, il dipartimento della salute sostiene che la loro attività è abusiva e illegale in quanto manca l’accreditamento regionale. Già a partire dal 2008, per l’evolversi del panorama legislativo nazionale di riferimento, le strutture residenziali psichiatriche cogestite direttamente dall’Asp con l’affidamento dei servizi alberghiero e di riabilitazione alle cooperative, avrebbero dovuto transitare verso un regime di gestione unica, con definizione del percorso di accreditamento in capo al soggetto gestore. In altre parole ciò avrebbe portato all’eliminazione del ruolo svolto dal dipartimento salute mentale regionale nella gestione delle strutture residenziali. Nel periodo transitorio le comunità-alloggio esistenti avrebbero dovuto fruire dell’ “accreditamento provvisorio” in quanto strutture ancora a prevalente gestione pubblica. «Il dipartimento di salute mentale e la direzione dell’Asp reggina hanno disatteso tutto questo», afferma Aurelio Monte, dirigente regionale dell’Usb. «È una vergogna-continua Monte- volevo vedere se il commissario Scura non veniva pagato per mesi e di certo il suo stipendio non è come quello di questi lavoratori. Noi oggi chiediamo l’intervento della Prefettura ma, anche della Procura affinchè indaghi su chi ha creato questo danno alla sanità calabrese».