Il Consiglio di Stato ha recentemente dichiarato illegittime le proroghe generalizzate delle concessioni demaniali marittime agli stabilimenti turistici, poiché in contrasto con la direttiva Bolkestein e l'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue). Queste proroghe violano i principi di concorrenza, richiedendo una riforma organica e certezze normative per gli operatori del settore. In tre sentenze depositate, il Consiglio ha ribadito che tali proroghe violano i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento. Ha inoltre chiarito che le norme nazionali sulle concessioni devono essere disapplicate indipendentemente dalla scarsità delle risorse, poiché le procedure selettive sono richieste dal Tfue anche quando non vi è scarsità, se esiste un interesse transfrontaliero certo, e sono imposte dal diritto nazionale anche in assenza di tale interesse.

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Vincenzo Farina, presidente vicario della Federazione italiana imprese balneari di Confesercenti, ha recentemente rilasciato dichiarazioni riguardo alla Direttiva Bolkestein e i suoi effetti sulle concessioni balneari in Italia. Farina ha sottolineato come la direttiva in sé non rappresenti un problema, ma piuttosto come la sua cattiva gestione e interpretazione abbia creato difficoltà nel settore per oltre 15 anni. La Direttiva Bolkestein, che mira a facilitare la libera circolazione dei servizi nel mercato unico europeo, «è stata spesso vista come una minaccia dalle imprese balneari italiane». Tuttavia, secondo Farina, «il vero problema non risiede nella direttiva stessa, ma nella sua errata applicazione e interpretazione». Farina ha spiegato che la questione principale deriva dalla direttiva servizi, che obbliga a mettere a gara pubblica le concessioni in caso di scarsità di risorse.

Farina: «Basta vincoli»

Il rappresentante dell’associazione di categoria ha proposto un’analisi approfondita della situazione costiera italiana per determinare l'effettiva scarsità delle risorse disponibili. Ha osservato che una corretta valutazione delle aree costiere, sia a livello nazionale che locale, è essenziale per stabilire se vi sia realmente una scarsità che giustifichi l'applicazione della direttiva servizi. «Una gestione corretta permetterebbe di uscire dai vincoli dell’articolo 12 della direttiva - afferma - che impone limitazioni e vincoli quando i Comuni devono procedere con le gare pubbliche». Farina ha rimarcato l’importanza di avere linee guida nazionali per l’affidamento dei beni pubblici. Ha evidenziato che, in assenza di tali linee guida, ogni Comune rischia di applicare criteri diversi, creando una situazione frammentata e disarmonica.

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Le linee guida nazionali sono fondamentali per garantire che tutti abbiano le stesse opportunità di partecipazione, indipendentemente dalla loro località. Farina ha difeso gli imprenditori balneari che hanno investito tempo e risorse per trasformare aree abbandonate in aziende capaci di offrire servizi di qualità e attrarre turismo. Ha ribadito che la concorrenza non deve significare espropriare chi ha già investito, ma piuttosto incentivare nuovi investimenti in aree disponibili. «La politica del “cuculo”, dove un nuovo imprenditore sostituisce chi ha già fatto gli investimenti, è - secondo Farina - ingiusta e dannosa».

Farina ha fatto appello al Governo nazionale, ai Comuni e alle Regioni per una riforma organica immediata che dia certezza agli operatori. Ha menzionato l'importanza di una legge di riordino che stabilisca chiaramente le regole per le gare pubbliche e fornisca indennizzi adeguati a chi decide di uscire dal settore o non è più competitivo. Questo permetterebbe agli imprenditori di continuare a lavorare serenamente e garantirebbe una transizione equa e giusta per tutti.