L'estate si avvicina, ma sulle coste italiane regna l'incertezza. Il settore balneare, da sempre uno dei pilastri del turismo nazionale, si trova in un limbo normativo che preoccupa migliaia di imprenditori. La legge approvata dal governo Meloni nel settembre 2024 ha prorogato le concessioni balneari fino al 2027, ma ha contemporaneamente lasciato ai comuni la facoltà di indire gare pubbliche per riassegnare le aree demaniali marittime. Una decisione che ha scatenato un'ondata di confusione tra amministrazioni locali, ricorsi e il timore di una stagione turistica a rischio.

«Il governo ha si prorogato le concessioni fino al 2027, ma ha lasciato ai comuni la possibilità di avviare le gare. Questo ha creato confusione, con ricorsi su ricorsi», spiega Massimo Nucera, presidente di Federbalneatori Calabria. Il 31 marzo sarà una data cruciale: entro quel termine, il governo dovrà chiarire i criteri per le nuove concessioni, la durata e gli indennizzi per i concessionari uscenti. Nel frattempo, alcuni comuni hanno già avviato le gare, mentre altri aspettano indicazioni precise.

Il nodo burocratico e il rischio paralisi

L'incertezza normativa rischia di compromettere l'avvio della stagione balneare. «I comuni dovrebbero aspettare, ma molti stanno già facendo le gare senza avere nemmeno le competenze per gestirle», sottolinea Nucera. La legge prevede che fino al completamento delle procedure di evidenza pubblica, i vecchi concessionari possano continuare l'attività, garantendo servizi essenziali come l'assistenza ai bagnanti. Ma le difficoltà burocratiche potrebbero rallentare l'intero processo e creare disagi per operatori e turisti.

Il caso Calabria: un ritardo strutturale

La Calabria rappresenta un esempio emblematico delle criticità del settore. Con quasi 800 km di costa, la regione «conta solo il 13% delle spiagge occupate da concessioni», ma oltre la metà dei comuni costieri non ha ancora adottato il piano di spiaggia, nonostante l'obbligo esista dal 2007 «eppure si parla di scarsità di risorse», denuncia Nucera, evidenziando come l'assenza di competenze nei comuni complichi ulteriormente la situazione.

«Trovare un ufficio demanio o un assessore al demanio in un comune calabrese è un'impresa. Le spiagge per loro sono un optional, non una risorsa da valorizzare», aggiunge il presidente di Federbalneatori Calabria.

Il pericolo delle multinazionali e la concorrenza sleale

Oltre alla burocrazia, a preoccupare i balneari è il rischio che le gare pubbliche aprano la strada a grandi gruppi internazionali, mettendo fuori gioco le piccole imprese locali. «La concorrenza non si fa togliendo a tizio per dare a caio. Quella è un’espropriazione. La concorrenza vera è permettere a tizio di aprire accanto a caio, e vedere chi lavora meglio», sottolinea Nucera.

Se il sistema delle gare non verrà regolamentato con criteri adeguati, l’arrivo delle multinazionali potrebbe portare a una trasformazione radicale del turismo balneare, rendendolo un settore dominato da grandi investitori, con prezzi inaccessibili e un rapporto meno diretto con i clienti. «Se arriva una multinazionale con un progetto da 4 milioni di euro, come faccio io, piccolo imprenditore, a competere? È un gioco truccato», chiosa Nucera.

Una delle misure previste per tutelare i concessionari uscenti è l’obbligo per i nuovi assegnatari di versare un indennizzo per gli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni. Ma per gli operatori del settore si tratta di una protezione insufficiente. «Io ho investito, ad esempio, 100 mila euro in lettini, attrezzature, strutture negli ultimi 5 anni. Chi mi subentra deve pagare il valore della perizia giurata che certifica questi investimenti. Ma non basta», spiega Nucera. La possibilità di recuperare parte degli investimenti più recenti non tiene conto di decenni di lavoro, di sacrifici e di sviluppo delle imprese balneari.

La direttiva Bolkestein e il confronto con l’Europa

La situazione italiana si complica ulteriormente se si guarda agli altri paesi europei. La direttiva Bolkestein prevede l'obbligo di gare pubbliche per le concessioni, ma nazioni come Spagna, Portogallo e Grecia hanno deciso di non applicarla e hanno concesso proroghe fino a 99 anni. «Noi abbiamo firmato le concessioni con regole diverse. Non si possono cambiare le carte in tavola durante il gioco», osserva Nucera. L'Italia, invece «ha scelto una strada che sta destabilizzando il settore».

L'appello al governo: una soluzione per 30 mila famiglie

A livello nazionale, il comparto balneare coinvolge circa 30 mila famiglie, molte delle quali operano in imprese a conduzione familiare. «Questa situazione è insostenibile. Chiediamo al governo di trovare una soluzione per migliaia di famiglie che vivono di turismo balneare», afferma il presidente di Federbalneatori Calabria.

Il rischio è quello di perdere un modello imprenditoriale basato su piccole realtà locali, in favore di un turismo balneare dominato dalle logiche del grande business. «O si trova una soluzione, o le nostre spiagge diventeranno il parco giochi delle multinazionali, cancellando la nostra storia e la nostra identità», conclude Nucera.

Il tempo stringe e il 31 marzo si avvicina. Per migliaia di imprenditori, la speranza è che il governo riesca a fare chiarezza, evitando che il caos normativo affossi uno dei settori più vitali del turismo italiano.