La guerra per impedire l’accorpamento delle Camere di commercio sembra ancora tutta da combattere, ancor più da quando si sarebbe percepita nell’aria l’intenzione di Unioncamere nazionale di procedere al commissariamento degli enti camerali “dissenzienti”, tra cui figurano anche quelli di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia (oltre a Massa Carrara, Pavia, Ferrara, Lucca, Pisa, Terni, Rieti, Frosinone, Teramo, Benevento, Oristano, Brindisi, Ravenna, Parma, Verbania Cusio Ossola) per aggirare i ricorsi dagli stessi presentati tramite un organo costituito ad hoc per la gestione.

 

Il colpo di coda di Unioncamere

Un ultimo, secondo gli interessati, ed «estremo tentativo antidemocratico suggerito da Unioncamere al ministero per lo Sviluppo economico» per bloccare quello che in democrazia ed in uno Stato di diritto «è l’ordinario e corretto controllo sulle norme che il Parlamento approva».  Come si ricorderà alcune «Camere di Commercio (5), una Regione e delle associazioni di categoria avevano  fatto ricorso contro la normativa che vuole che gli enti vengano accorpati a “beneficio” di organismi racchiudenti da due a tre territori provinciali, distanti tra loro 200/300 km anche non confinanti, con assetti istituzionali e relazionali completamente diversi e soprattutto con sistemi produttivi totalmente differenziati».

 

 La posizione dei ricorrenti

«I territori – spiegano ancora i ricorrenti -  specialmente quelli più piccoli, più deboli e più in crisi sarebbero i primi a soffrirne, e se il tentativo di commissariamento portato avanti immotivatamente ed improvvidamente da Unioncamere dovesse andare a buon fine, stante il perseguimento di un fine illegittimo, necessarie ed immediate dovrebbero essere le dimissioni del presidente e degli organi in carica della stessa. Unioncamere – aggiungono - è l’ente di rappresentanza e di tutela degli interessi di tutte le Camere di Commercio. È finanziata da queste con risorse che non incidono sul bilancio dello Stato, ma delle comunità su cui insistono e queste hanno l’aspettativa che l’Unione svolga bene la propria missione che è sicuramente difficile e complicata. La ricchezza viene prodotta dai territori e qua deve essere riallocata sulla base delle decisioni assunte dai territori stessi».

 

Nelle ultime ore, a dare manforte alla protesta dei ricorrenti è stato anche il senatore di Forza Italia Giuseppe Mangialavori. «Sarebbe – ha spiegato il senatore azzurro – una manovra illiberale e incostituzionale, che avrebbe l'effetto di provocare le fusioni in modo forzoso. È solo il caso di ricordare che diverse Cdc, una Regione e altre associazioni di categoria hanno fatto ricorso contro la riforma e che la magistratura amministrativa ha ravvisato il fumus di incostituzionalità, rimandando la decisione alla Consulta, con un altro eventuale passaggio davanti al Tar del Lazio. È dunque evidente che bisognerebbe rispettare il percorso giudiziario già avviato e non procedere con colpi di mano illegittimi e antidemocratici».