C’è un corto circuito che rischia di mandare all’aria le speranze dei settecento lavoratori dell’Abramo Customer Care in lotta per non essere trasferiti dalla sede di Lamezia Terme. I locali sono al momento allocati nell’area industriale tra quelli nella disponibilità dell’ente in house della Regione Fondazione Terina.

 

Nell’ultimo incontro tra sindacati e management l’azienda ha dato la sua disponibilità a posticipare di un altro mese il trasferimento, dal 30 giugno al 31 luglio, ma non ci sarebbe stato alcun accordo o interlocuzione con il presidente della Fondazione Gennarino Masi che, dopo avere dato disponibilità affinché quei locali andassero a diventare l’aula bunker per il maxi processo Rinascita Scott, oggi ha anche accolto gli ispettori del ministero per i primi sopralluoghi.

 

Masi tiene anche a precisare che non c’è mai stato un vero e proprio contratto di fitto con l’Abramo, ma un sub comodato d’uso gratuito con obbligo del comodatario di rimborsare le quote di spese di manutenzione e servizi generali gravanti sulla porzione di immobile concesso in comodato. Ma l’azienda sarebbe di parecchio indietro con i pagamenti, nonostante il ribasso di 46mila euro annui rispetto a quanto richiesto alla precedente Infocontact.

 

«La stessa Abramo Customer Care – afferma Masi – peraltro, più di sei mesi fa ha inviato alla Fondazione lettera di recesso del contratto a decorrere dal 30 giugno 2020, impegnandosi a lasciare libero l’immobile da persone e cose entro e non oltre quella data. L’impegno al suo rilascio è stato ribadito dai suoi rappresentanti che si sono recati nella sede della Fondazione per un colloquio con me, teso soltanto a chiedere un’ulteriore rimodulazione degli arretrati di rimborso delle spese di manutenzione e servizi generali. La notizia di uno slittamento del rilascio dell’immobile, se fosse vera, non sarebbe quindi assolutamente praticabile, in quanto la Fondazione non ha ormai più interesse alla prosecuzione del rapporto con la Abramo Customer Care in quell’immobile, sebbene è disponibile a valutare lo spostamento in altri e più piccoli immobili per come hanno sempre chiesto e suggerito le organizzazioni sindacali, trovando finora sempre un netto rifiuto da parte dell’Abramo Customer Care, che ha sempre accampato la necessità di bilancio di un risparmio economico, trasferendo l’attività di call center in altra località e in immobili di proprietà sua o del gruppo».