Il presidente del sodalizio, Laganà fa rilevare: «Si registra un netto aumento del numero di gare deserte o non aggiudicate che passa dal 4,97% del 2020 al 7,61%»
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Alla luce degli oggettivi squilibri di mercato prodotti dall'aumento esponenziale dei prezzi delle materie prime e delle forniture in concomitanza con l'attuale fase di lancio dei programmi di investimenti del Pnrr, Ance Reggio Calabria ha analizzato i dati sui bandi pubblici di lavori e sugli esiti di gara tratti dalla piattaforma telematica Informatel con riferimento al territorio calabrese per il triennio 2020-2022. «Le analisi effettuate dai nostri uffici sulle gare di appalto pubbliche bandite sul territorio regionale nell'ultimo triennio - afferma il presidente di Ance Reggio Calabria, Michele Laganà - evidenziano, nel primo trimestre del 2022, dati paradossali; da un lato si registra la crescita eccezionale dell'ammontare di risorse economiche messe a gara, che per la Calabria passano da circa 230 milioni di euro del 2020 ai circa 383 milioni di euro del 2021 per giungere ad oltre 1 miliardo e 22 milioni di euro per le gare pubblicate nei soli primi mesi dell'anno 2022; dall'altro, sul versante degli esiti di gara, si registra il netto aumento del numero di gare deserte o non aggiudicate che passa dal 4,97% del 2020 al 7,61% rilevato per i primi mesi del 2022 con un corrispondente peggioramento dell'ammontare di risorse non impiegate che passano dal 7,52% del 2020 al 18,62% del 2022».
«Questo dato, di per sé allarmante - prosegue - deve essere letto anche alla luce della sostanziale stabilità dei ribassi vincenti che restano pressoché costanti nel triennio e sempre intorno al - 25% in media. Si tratta di segnali preoccupanti da attenzionare adeguatamente; è di tutta evidenza, infatti, l'impossibilità di realizzare opere pubbliche che pure nel migliore dei casi, ovvero nel caso di prezziari di riferimento aggiornati, secondo il centro studi di Ance nazionale sottostimano i prezzi di riferimento rispetto agli effettivi valori di mercato di una percentuale compresa tra il 20 ed il 30 %. In tale situazione è veramente difficile ipotizzare la possibilità di realizzare opere pubbliche di qualità, considerando pure la tendenza da parte dei concorrenti a reiterare strategie di partecipazione e ribassi di gara secondo schemi meramente probabilistici fondati sull'analisi delle serie storiche. Tali rilevazioni ci impongono di mettere in guardia stazioni appaltanti ed imprese sulla effettiva possibilità di porre a gara e realizzare opere i cui quadri economici risultano totalmente sfasati rispetto al reale andamento di prezzi che continuano a registrare straordinarie e generalizzate tensioni al rialzo e che per alcuni materiali e forniture superano anche il 100% rispetto all'anno precedente».
L'elaborazione dei dati tratti dalla piattaforma telematica Informatel sulle gare e gli esiti di gara, è scritto in una nota, «conferma la fondatezza delle sempre più numerose segnalazioni provenienti dalle imprese associate che testimoniano gravissime difficoltà negli approvvigionamenti per l'edilizia dovute all'aumento esponenziale dei prezzi delle materie prime e dei carburanti che comportano rischi concreti di blocco, oltre che per tutto il settore delle costruzioni, soprattutto per gli ingenti investimenti programmati per la fuoriuscita dalla crisi economica e sociale, ovvero delle opere pubbliche e private del Pnrr e quelle relative al Superbonus». «Il problema del caro prezzi - afferma Laganà - è particolarmente complesso sia per i fattori di natura esogena che ne sono alla radice sia perché si inserisce in un quadro normativo sugli appalti pubblici inadeguato per compensare tali squilibri di prezzo e sostenere l'efficace realizzazione delle indispensabili opere pubbliche sui territori; le dinamiche inflattive registrate, sia con riferimento ai lavori in corso di esecuzione che di prossimo affidamento, comportano, a meno di correttivi adeguati, il duplice rischio di non realizzare le opere di interesse pubblico programmate e di far fallire imprese che incautamente si imbarcassero in contratti privi dei contenuti economici necessari per la copertura dei costi».
«Per tali ragioni mi appello al senso di responsabilità delle stazioni appaltanti come pure delle imprese concorrenti al fine di porre un'attenzione particolare, rispettivamente, alla corretta ed aggiornata progettazione delle opere e ad una valutazione accurata dei bandi pubblici e dei ribassi offerti in sede di gara. Affinché il settore delle costruzioni possa contribuire alla realizzazione degli obiettivi di ripresa economica e resilienza del nostro Paese, occorrono soluzioni tempestive per incardinare, in un quadro di sostenibilità, dinamiche di mercato fuori controllo che minacciano l'implementazione dei programmi di opere pubbliche e la stessa tenuta del sistema imprenditoriale. Tali soluzioni, sia per i lavori in corso di esecuzione che per quelli di prossimo affidamento, devono comprendere un aggiornamento straordinario dei prezziari in uso e delle progettazioni, con la contestuale applicazione per i lavori residui di una vera e propria formula di revisione dei prezzi in linea con le migliori esperienze internazionali per garantire il costante allineamento del contratto alle fluttuazioni - al rialzo e al ribasso - del mercato».
Invito infine «al senso di responsabilità degli enti appaltanti e delle imprese affinché valutino in modo attento e coerente, nei rispettivi ruoli, i quadri economici delle opere; in una situazione di crisi internazionale i cui esiti restano incerti e con impatti di dubbia prevedibilità, non si tratta solo di tutelare il pure legittimo interesse delle imprese a concorrere a gare con progettazioni e prezzi aggiornati, ma soprattutto di garantire il bene pubblico alla effettiva realizzazione delle opere della ripresa e della resilienza. Come costruttori siamo consapevoli dell'importanza del nostro ruolo per la realizzazione degli indispensabili investimenti pubblici programmati e proprio nella prospettiva di non abdicare a questa responsabilità diciamo senza infingimenti che il quadro attuale, nonostante i timidi tentativi di intervento normativo da parte del Governo, non consente di espletare questo nostro contributo per la ripresa del Paese».