Donne, lavoratrici, madri, ricercatrici. La scalata sociale delle quote rosa nel mondo del lavoro si ottiene a denti stretti e con maggiore difficoltà rispetto agli uomini, tra umiliazioni, stereotipi e gap di genere, specialmente se si sceglie di rivestire un ruolo nell’ambito scientifico e in una società in cui la presenza maschile è ancora fortemente predominante.

 

E quando le donne si spogliano di questo ingombrante fardello ancestrale che le vuole dedite al focolare sembra quasi di vederle librare sotto i riflettori della ribalta mediatica che le dipinge con quell’aura da supereroine mentre dichiarano al mondo intero: «Io ce l’ho fatta».

 

Perché se è pur vero che le donne ce la possono fare è anche vero che sono «ancora ostacolate da diversi fattori nel mondo della ricerca e del lavoro, tra cui quello di essere considerate inferiori rispetto agli uomini». Così l’astrofisica di fama mondiale e docente Unical Sandra Savaglio nell’ambito della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienze celebrata nell’aula Caldora dell’Università della Calabria.

 

L’incontro rivolto principalmente alle scuole del territorio calabrese e all’orientamento accademico, promosso dall’ufficio orientamento in ingresso Unical e dal centro di Women’s studies, ha voluto snocciolare i dati e le statistiche sul gap di genere nelle discipline scientifiche.

 

Nonostante la scarsa presenza femminile delle donne nelle discipline Stem (Science technology engineering and Mathematics ) in Italia, l’Unical vanta un'iscrizione di donne in questo settore pari al 42,2%, un dato in controtendenza rispetto alla media nazionale che mostra un 36,4 % .

«Io ce l’ho fatta ma per le donne ci sono ancora tanti ostacoli»

«Io ce l’ho fatta, ho studiato in questa Università, l’Unical, ho avuto delle persone che hanno creduto in me ed è stata questa la mia fortuna. Ma ci sono ancora diversi ostacoli per le donne», afferma la Savaglio nel suo breve intervento all’Unical. «Gli uomini ci considerano inferiori e noi crediamo poco nei nostri meriti», aggiunge la Savaglio.

 

L’astrofisica, rivolgendosi alla platea di studenti calabresi, tiene a precisare che l’ostacolo maggiore è la mancanza di «role models», ovvero dei punti di riferimento al femminile. «Non ci sono donne attraverso cui le ragazze possano identificarsi oggi. La mancanza delle donne nelle discipline Stem è un danno che si fa alla società e non solo alle donne. Voi avete la responsabilità di cambiare questa cosa, dovete credere in voi stesse e impegnarvi e dovete farlo per la vostra Regione».

Il gap occupazionale e reddituale delle donne

«Se si supera il gap della presenza femminile nelle discipline scientifiche è possibile superare anche il gap occupazionale e di reddito», dice Maria De Paola, prorettrice Unical.

 

«In economia - specifica - è possibile riscontrare la differenziazione salariale, in cui le donne a pari merito con gli uomini tendono a guadagnare di meno rispetto a questi, e la segregazione, in cui le donne risultano segregate in alcuni ambiti occupazionali e sono quelli tradizionali in cui si guadagna poco».

 

«Sembrano due fenomeni separati ma in realtà non lo sono», aggiunge De Paola. «Se le donne sono segregate in alcuni specifici ambiti occupazionali dove non c’è molto spazio per fare carriera questo implica che l’aspetto retributivo ne risente. Una nostra maggiore presenza nelle discipline Stem può sicuramente colmare questi due gap».

 

In Italia hanno un contratto a tempo indeterminato «il 61% degli uomini, rispetto al 52% formato da donne», precisa Manuela Stranges docente di demografica all’Unical e membro del centro Women's studies. Per non parlare del divario nella retribuzione: «Nello stesso ambito occupazionale e con competenze identiche, gli uomini percepiscono 1673 euro a dispetto delle donne che ne ricevono 1375 euro», continua la Stranges. Per le donne le difficoltà aumentano nella conciliazione tra lavoro e famiglia, «un fattore che determina la diminuizione del tasso di occupazione».

Il gap di genere parte dalla scuola

Secondo la Stranges «il gap di genere non parte dalle scuole elementari dove siamo tutti uguali. Quando gli anni scolastici avanzano il divario tende ad acuirsi mostrando delle lacune per le donne negli ambiti scientifici». Il motivo? Secondo la docente di demografica, sarebbe da ricondurre al contesto sociale e non ad una inferiorità intellettiva.

 

«Le ragazze interiorizzano gli stereotipi e nella mente si fa spazio l’idea di non essere sufficientemente brave come i maschi o la convinzione che non saranno mai in grado di gestire una carriera intensa rispetto agli uomini dato che nell’infanzia hanno interiorizzato il “lavoro di cura” per cui la donna deve farsi carico delle responsabilità familiari e delle contingenze che ruotano attorno alla famiglia».

 

C’è persino chi pensa «che biologicamente le donne non sarebbero adatte all’astrazione ma sarebbero più propense alla pratica, una cosa oscena», ribatte Giulia Mocchia presidente Comitati unici di garanzia Unical. «Noi donne abbiamo le stesse capacità attitudinali degli uomini, siamo solo sopraffatte da una tenaglia sociale da cui ci dobbiamo liberare».

«Gli uomini hanno difficoltà ad accettare le donne al comando»

Qualche mese fa aveva destato clamore mediatico la notizia che il nuovo rettore dell’Università della Calabria, Nicola Leone, avesse nominato due donne come prorettrici, la prima volta nella storia dell’Ateneo. «Il rettore non ci ha scelto in quanto voleva delle donne nel suo staff ma per le nostre competenze. È stata una scelta in piena normalità e non una concessione», tiene a precisare Patrizia Piro che, insieme a Maria De Paola, è una delle prorettrici Unical.

 

«I problemi nascono lì dove si insinuano delle differenze e c’è qualcuno che le permette. Dobbiamo stare attenti affiché non ci siano situazioni di debolezza, sopraffazione e segregazione».

 

Patrizia Piro è esperta in costruzioni idrauliche, un settore a prevalenza fortemente maschile. «In Italia su 73 ordinari solo 5 siamo donne. Quello che avverto pesantemente nel mio settore è che i colleghi maschi difficilmente accettano le donne al comando e il problema è educativo».

 

«Credo che noi donne abbiamo un ruolo importantissimo in questa formazione - continua la Piro. - Dobbiamo educare i nostri partner, i nostri figli e nostri allievi uomini ad avere una forma di rispetto nei confronti degli altri, che sia uomo o che sia donna». E conclude: «Non dobbiamo consentire di stare un passo indietro agli uomini, lo dobbiamo fare per noi stesse e per la società. Dobbiamo stare tutti sullo stesso piano. Solo così riusciamo ad andare avanti».