Sabato 23 novembre alle ore 17.00, presso il Rimuseum di Rende, si terrà l’inaugurazione della terza tappa della mostra dedicata a Mario Carbone, un maestro della fotografia che ha segnato un’epoca e che, all’età di 100 anni, è ancora vivente.

Le opere di Mario Carbone (nato a San Sosti), alcune delle quali fanno parte della prestigiosa collezione del Metropolitan Museum of Art di New York, rappresentano un patrimonio di inestimabile valore che celebra l’Italia e la sua memoria storica. Questo evento, oltre a rendere omaggio alla sua lunga carriera, offre al pubblico l’opportunità di scoprire o riscoprire un autore che ha contribuito a plasmare la storia della fotografia contemporanea. Nelle scorse settimane, l’allestimento è stato realizzato alla Galleria nazionale di Cosenza e alla Biblioteca Stefano Rodotà del Liceo Bernardino Telesio riscuotendo ampio apprezzamento.

I racconti di una vita

Il progetto “Carbone 100. I racconti di una vita. Fotografie dal 1954 al 1990” prosegue con l’esposizione Antropologia, tradizioni e ritualità meridionale tra Calabria e Lucania, che inaugura sabato 23 novembre con una conferenza stampa alle ore 17:00 presso il RiMuseum – Università della Calabria.

La mostra riprende lo straordinario viaggio intrapreso da Mario Carbone e Carlo Levi in Lucania nel 1960, tema inaugurato alla Biblioteca Stefano Rodotà, dove la manifestazione si concentra sul rapporto con Levi e la sua opera Cristo si è fermato a Eboli. La documentazione presentata al RiMuseum, di inestimabile valore, si focalizza invece su un ampio spettro di avvenimenti sociali, consuetudini culturali e pratiche devozionali secolari riprese da Carbone con approccio indaginifico ed esistenziale.

Le fotografie di Carbone

La manifestazione è dunque dedicata alla capacità di Carbone, figlio del Sud, di immortalare un sapere sedimentatosi nel corpo. Le fotografie esposte fissano e testimoniano l’impegno e il desiderio di riscatto da una condizione di povertà e oppressione protrattasi per secoli, rendendo eterni attimi di vita che scorrono lenti fra gesti ripetuti e quotidiani. Mani che impastano, dita che cuciono, braccia che spalano, teste che sorreggono pesi, bocche che recitano e tramandano storie che scorrono sull’orlo della memoria.

Con occhio partecipe, Carbone guarda e trasmette il paesaggio meridionale e le persone che lo abitano. Con la cinepresa racconta l’abbandono delle terre feudali da parte della nobiltà calabrese (Stemmati di Calabria, 1964, che gli vale un Nastro d’Argento); l’occupazione delle terre a Melissa (Sedici anni dopo, 1967) e la condizione del lavoro contadino (Dove la terra è nera, 1966). Al contempo, la sua macchina fotografica restituisce il valore sociale e simbolico del rito, immortalando le tradizioni sacramentali di episodi come la Via Crucis di Barile, la più antica della Basilicata, e la Processione di San Rocco ad Acquaro, detta degli “Spinati”. Le fotografie di Carbone rivelano i significati insiti in antiche pratiche devozionali che trascendono il sacro per abbracciare una dimensione comunitaria e collettiva.