VIDEO | L'autore calabrese residente a Bergamo presenta il libro "Dalla Grecìa perduta" nell'ambito della rassegna organizzata dalla libreria di Strada Kalibreria
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Legge, suona, canta, interagisce con il pubblico. Lo scrittore Ettore Castagna ama raccontarsi così, tra teatro e canzone e lo ha fatto anche a Soverato nell’ambito della rassegna organizzata dalla libreria di strada Kalibrearia. Un format, il reading concerto, che consente all’autore, antropologo e musicista, di sentirsi libero e dare sfogo alle sue doti musicali con la zampogna, la chitarra, il flauto armonico e lo scaccia pensieri, spaziando da un racconto all’altro in quella Calabria che fa da sfondo al suo terzo romanzo “Della Grecìa perduta”, un libro in cui torna il mondo magico e selvatico di una terra che è Sud di tutti i Sud.
Il Sud di tutti i Sud
«È ovvio che il romanzo ha dei luoghi che sono soprattutto quelli della Calabria meridionale, la zona di Vibo, Pizzo e così via. Ma sono luoghi più metaforici che reali - spiega Castagna -. È una storia che parla del “sud di tutti i sud” per il tipo di ambientazioni, orientamenti, sentimenti, senso della commedia e della tragedia. È la Calabria più o meno greca ma potrebbe essere tranquillamente la Sicilia, la Puglia, l’Abbruzzo o paradossalmente altri tipi di sud di questo mondo, luoghi che vivono un’alterità rispetto a quella che è l’Europa come normalmente la concepiamo. Ma lascio al lettore il piacere di scoprire questi dettagli filosofici che stanno alle spalle del narrato».
La trama
Nel libro Nino, pastore greco sedicenne, ucciso da un soldato spagnolo, dopo aver dormito immerso nel vino novantanove anni, due mesi e diciassette giorni, riprende vita in virtù di un qualche sortilegio. E si inoltra per la campagna deserta. A proteggerlo e a infondergli pensieri è il Dragumeno, una sorta di demone centauro che si manifesta talvolta in varie forme, come faceva con Caterina, sua madre. Nel suo errare Nino incontra una terra poverissima, dai paesaggi incantevoli, contesa da francesi e inglesi durante il breve dominio di Gioacchino Murat, nel cui esercito, con devozione assoluta, si arruola prima di assistere con grande dolore alla fucilazione del mitico Cavaliere. Con essa, infranti il sogno e la speranza di cambiamento, si rimette in cammino, alla continua ricerca della sua Grecìa perduta. E il Nostòs diventa elegia. L'arcaicità affascinante sgorga come acqua limpida di sorgente, con andamento da favola antica. Sacro e profano, mito, leggenda e storia si intrecciano a una visione panica della natura animata da spiriti dai nomi inconsueti. Il sapore delle fiabe, le gesta epico-cavalleresche degli eroi ai tempi delle crociate, la Bibbia e la vita dei Santi ad uso del popolo minuto confluiscono e interagiscono con modelli di alta letteratura grazie ad un impasto linguistico che ravviva e rende ammaliante il racconto, legandolo, idealmente, all'Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo e all'Oga Magoga di Giuseppe Occhiato.
Il valore della diversità
Un romanzo d’azione ma anche fantastico, un romanzo in cui storia e ucronìa si intrecciano, in cui Castagna, calabrese residente in Lombardia, come in ogni suo libro, cerca di mettere in luce il valore della diversità: «La cosa che più mi interessa - sottolinea l'autore - è far sapere quello che io cerco, ovvero la bellezza dei dettagli, di lingue più o meno antiche, neologismi, dialetti, ambienti, situazioni, culture. Mi piace che la diversità sia oggetto di discorso, è un modo per stimolare la fantasia e la creatività in un mondo sempre più omologato, sempre più appiattito dalla globalizzazione».
La scrittura nell'era della pandemia
La scrittura per Castagna è compagna, un elemento che esistenzialmente è fondamentale e lo è stato anche nei difficili mesi della pandemia. «Provo spesso l’allucinazione dello scrittore: vedo in casa i miei personaggi, con i loro costumi, il moro modo di atteggiarsi, mi accompagnano nelle letture o nella musica. È la bellezza dell’immaginario ed è quello che molte volte aiuta a vivere e a superare elementi angoscianti della nostra esistenza. Io vivo a Bergamo, che è stata la città più colpita dal covid-19, per cui in certi momenti la scrittura e la musica sono state consolazione nel senso più bello del termine. Scambiarsi quello che si scrive con altri scrittori o con gente che ti legge sui social è stato di aiuto per spezzare la solitudine».
Il fermento letterario calabrese
E in attesa di portare a termine i prossimi progetti sia musicali che letterari, Castagna commenta il fermento letterario tra gli scrittori calabresi: «È un fenomeno interessante soprattutto perché sulla scena ci sono molti autori che io definisco “calabresi della diaspora”. Molti scrittori che noi oggi leggiamo, per esempio Domenico Dara, Olimpio Talarico, Gioacchino Criaco, nessuno di questi risiede in Calabria e nemmeno io, che sto in Lombardia. Credo che in tutti questi casi la lontananza abbia costituito un paio di occhiali, un’occasione di riflessione anche se le cose di cui scriviamo spesso non si riferiscono esclusivamente alla Calabria. La Calabria spesso diventa metafora, occasione narrativa nonostante nessuno di noi credo abbia un’impostazione strapaesana o localistica. La Calabria di cui parlo io è una metafora, si tratta di villaggi della memoria, dell’immaginazione e della creatività. Qui sta il fascino della nostra scrittura infatti siamo letti a livello nazionale e internazionale, diversi di noi sono tradotti. E questo interesse, se fossimo così strapaesani, non ci sarebbe».