Turchia contro Rende. Sembra una bizzarra amichevole di calcio ed invece si tratta di un piccolo incidente diplomatico tra la nazione e il comune calabrese, il cui consiglio comunale nelle scorse settimane ha deliberato il conferimento della cittadinanza onoraria a Abdullah Öcalan. Non una novità in Italia: sono una quindicina i municipi ad aver preso la stessa decisione in passato, due dei quali – Riace e Cinquefrondi – proprio in questa regione. Se i tributi al leader curdo arrivati in passato non avevano turbato granché Istambul, complici forse le recenti scaramucce verbali tra Mario Draghi e Recep Tayyip Erdogan, quello riservato dal municipio d'Oltrecampagnano al fondatore del Pkk pare invece non sia andato giù ai turchi. Tanto che il loro ambasciatore in Italia, Murat Salim Esenli, ha scritto al sindaco Manna per esortare lui e il consiglio comunale a tornare sui propri passi.

La versione di Istambul

Il diplomatico traccia un ritratto del curdo a tinte più fosche che mai, definendolo il «capobanda» di «un'organizzazione terroristica» responsabile di decine di migliaia di morti. «Davanti alla legge non c'è differenza tra Bin Laden e Öcalan», tuona Esenli, ipotizzando che la decisione presa da sindaco e consiglieri sia non solo un «atto illegale», ma addirittura «propaganda terroristica».

L'ambasciatore ipotizza azioni legali contro il municipio, lasciando intendere che un mancato dietrofront sulla cittadinanza onoraria al «sanguinoso terrorista» implicherebbe l'addio a ogni rapporto, commerciale e non, tra il comune calabrese e un suo qualsiasi corrispettivo turco. E chiude con una frecciata a Manna e i suoi, «dipendenti pubblici a tempo determinato» che «dovrebbero evitare azioni che andrebbero oltre il loro mandato».

Nessuna retromarcia

La lettera di Eslimi, però, non ha tolto il sonno all'amministrazione rendese. Manna, anzi, difende a spada tratta la decisione. Il terrorismo? Non c'entra: «Con il conferimento della cittadinanza onoraria a Öcalan – spiega il sindaco - abbiamo voluto sottolineare il problema del processo di autodeterminazione del popolo kurdo. I diritti civili, così come quelli della persona e delle minoranze etniche, devono essere universalmente riconosciuti e garantiti – prosegue - in una società di stampo democratico, pluralista, ecologista, femminista e liberale».

Simile a quella cara proprio al neocittadino rendese che «da 22 anni sta pagando con il carcere duro, divenuto da sedici “tortura di isolamento” riconosciuta come violazione del diritto internazionale nonché delle stesse leggi turche, la sua strenua lotta per la difesa dei diritti del suo popolo». E se Istambul minaccia di tagliare i ponti, Rende replica aprendo le porte al dialogo con l'ambasciatore indispettito: «Di tutto questo, se lo riterrà opportuno, saremo lieti di parlare con lei anche in un consiglio comunale aperto: siamo difatti abituati a discutere e non a imporre i principi di uguaglianza tra generi e di rispetto delle differenze».