Nessuna nuova disposizione vescovile, ma solo l’applicazione di quanto da sempre stabilisce il Diritto canonico, con in più la presa d’atto del fallimento di “un esperimento” tentato in questi anni sul ruolo che i sindaci devono avere quando si insedia un parroco. È sintetizzata così la posizione della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, espressa in un lungo comunicato stampa – annunciato dal vescovo Francesco Milito nel servizio che abbiamo dedicato al caso nei giorni scorsi – per chiarire i contorni di una polemica che fin qui non aveva registrato il punto di vista del clero locale.

Erano stati i sindaci di Cosoleto e Scido, Nino Gioffrè e Giuseppe Zampogna, a protestare per il divieto che avevano subito in occasione dell’immissione dei due nuovi parroci dei loro paesi: avevano seguito la funzione, con tanto di fascia, ma gli era stato comunicato che non potevano prendere la parola per portare il saluto della comunità.      

«Nel corso degli anni – afferma l’Ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi reggina - si è tentato di prevedere un intervento da parte dei sindaci. L’esperimento non si è dimostrato proficuo per due ragioni fondamentali: l’eccessivo prolungamento temporale della liturgia e interventi spesso lontani dalla natura della Liturgia e sfociati in comizi e propagande politici».

 

Da qui, da questa analisi a metà tra misurazioni cronometriche e stima dell’applausometro, nasce la decisione di applicare quanto successivamente al Concilio Vaticano II si prevede nel cosiddetto Benedizionale.   

«Dovendo, pertanto, evitare che nella Liturgia entrassero elementi tali da inficiare il valore cultuale – argomentano dalla diocesi - si è preferito attenersi in tutto all’indicazione legittima dei libri liturgici. A questo dovranno attenersi anche tutti i presbiteri per altre circostanze».

Respinte al mittente le polemiche sollevate dagli amministratori, e ribadito che le autorità civili rimangono lontano dall’altare mentre sono in corso funzioni liturgiche, l’Ufficio diocesano cita gli articoli e i libri che spiegano che  «l’eventuale saluto della cittadinanza si effettuerà opportunamente, secondo le consuetudini locali, in tempo e luoghi concordati». Anche il benvenuto del massimo rappresentante della comunità sarebbe ammesso, ma la nota passa a precisare “per tempi e luoghi concordati si intendono tempi e luoghi diversi dalla stessa celebrazione dell’Eucaristia».

«La norma è ripresa nel Pontificale Romano – specifica il comunicato stampa -  in riferimento all’inizio del ministero di un nuovo vescovo nella sua diocesi. È noto come, da sempre, l’intervento dell’autorità civile in quella occasione avviene fuori dalla celebrazione liturgica e fuori dalla chiesa cattedrale». Secondo il vescovo il saluto sarebbe possibile, dunque, ma durante cerimonie civili e in luoghi diversi dalle chiese, visto che l’invasione di campo osservata durante “l’esperimento” fatto avrebbe confuso il sacro con il politico.