Dove sono i piatti tradizionali col pesce dei nostri mari? Dove sono i piatti con la nostra carne di vacca podolica? Dove sono le nostre verdure e la nostra frutta di stagione? Dove sono le nostre patate e gli extravergine di qualità dei nostri territori? Dove sono i nostri formaggi, i nostri vini e le bollicine prodotte con i nostri vitigni? Dove sono le nostre farine, i nostri pani, le nostre insalate, le nostre cipolle?

In vista del prossimo Ferragosto, tra le giornate in cui di più esplode l’oicofobia nella ristorazione calabrese, ovvero quel disprezzo strisciante e patologico per tutto ciò che rappresenta il meglio dell’autenticità, della biodiversità e della qualità delle produzioni e della tradizioni enogastronomiche territoriali, l’associazione europea Otto Torri sullo Jonio lancia un osservatorio regionale sul fenomeno, con un nome e un’immagine divenuta ormai il simbolo artistico di questa nuova provocazione: il Gambero Viola, tratto dal dipinto dall’artista andaluso Santiago Ydáñez, protagonista dell’omonima Esposizione Artistica in corso alla Fabbrica e Museo della Liquirizia Amarelli di Corigliano-Rossano, organizzata insieme all’Università di Malaga e con il patrocinio del Ministero del Turismo, delle Politiche Giovanili e della Regione Calabria.

#Bastaoicofobia

Con l’hastag #bastaoicofobia, Otto Torri chiede a tutti di segnalare, inviando locandine e foto al numero 345.94011095, eventi e menù proposti per il 15 agosto contenenti piatti e prodotti che non hanno nulla a che vedere con l’identità, con l’autenticità e con la biodiversità della Calabria; piatti e prodotti che – si legge nel post di lancio della campagna social – distruggono la storia, il presente e il futuro di questa terra straordinaria.

«È assurdo dover constatare –dichiara a LaC News24 il direttore di Otto Torri Lenin Montesanto – come nella maggior parte dei menù estivi proposti al turista e al viaggatore, soprattutto lungo le coste, manchi ogni minimo aggancio all'identità enogastronomica dei territori, alla storia e all'economia agroalimentare di questa terra. Dal peggiore salmone servito ormai agli ospiti come biglietto da visita della Calabria, agli immancabili gamberoni argentini in pasta kataifi, dai salti in bocca alla romana alle lasagne alla bolognese, dai würstel alla tedesca al radicchio e speck, dalle sacre patatine scongelate e fritte (per i bimbi, contenti i genitori) al ribeye di bisonte americano o alla fiorentina di scottona polacca (?).

In una delle regioni con la maggiore biodiversità d’Europa, seconda in Italia per produzione olivicola, soprattutto nei menù estivi – continua il direttore di Otto Torri – non vi è traccia di prodotti e piatti locali e di stagione né, ovviamente, di extravergine di qualità; l’esatto contrario, solo per fare il solito esempio dietro l’angolo, di quanto accade nella vicina Puglia – conclude Montesanto – che, anche grazie alla sua evidente, determinata e distintiva opzione politica e commerciale sulla propria identità, è diventata in questi anni indiscusso modello riferimento (inosservato dai calabresi) per appeal e sviluppo turistico».