Alessia Bausone*
Il 17 maggio è la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, ricorrenza promossa dall’omonimo comitato internazionale e riconosciuta dall’Unione europea e dalle Nazioni unite. Si celebra dal 2004 e ricorda il 17 maggio 1990 quando l’Organizzazione mondiale della sanità decise di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.

In questa giornata si vuole sensibilizzare l'attenzione di politici, opinion leader, movimenti sociali, pubblico e media sulle violenze e le discriminazioni subite dagli appartenenti alla comunità Lgbt di tutto il mondo.
Lo spot televisivo del Governo nazionale di quest’anno a cura del Dipartimento Pari opportunità si apre con un invito: “Chaetofobia, paura dei capelli. Hilofobia, paura degli alberi. Cromatofobia, paura dei colori. C’è una paura più irrazionale di tutte le altre. Si chiama omofobia. Paura irrazionale dell’omosessualità. Aiutaci a farla scomparire”; un invito a far tutti la propria parte nella società a favore dell’inclusione e dell’amore: dai luoghi di lavoro a scuola, al supermercato, fino all’interno della famiglia perché a volte anche solo tramite una “semplice” battuta o una goliardica frase di scherno si crea una enorme sofferenza. Nessuno è immune e spesso la più grande alleata dell’odio è proprio l’indifferenza delle persone perbene.
Dai luoghi di lavoro alla scuola, dal supermercato alla famiglia, milioni di persone vedono episodi di discriminazione o ascoltano discorsi carichi di offese e disprezzo, talvolta mascherati da battute o scherzo, ma non per questo meno dolorosi per coloro che li subiscono.
Secondo i dati raccolti da Gay Help Line, il contact center antiomofobia e antitransfobia del GayCenter di Roma, più di un ragazzo Lgbt è vittima di violenze da parte della famiglia e il 70% degli studenti viene bullizzato, mentre solo una vittima su 60 pensa di denunciare la violenza subita.


In Calabria, dopo l’eclatante caso a Ricadi della casa vacanze che non accettava “gay e animali” e l’immediata levata di scudi mia e del professor Massimo Arcangeli con il quale lanciammo l’evento “Omofobi del mio stivale” con le istituzioni regionali, possiamo registrare la recente nota positiva dettata dall’approvazione all’unanimità, a fine gennaio di quest’anno, da parte della Commissione cultura del Consiglio regionale della proposta di legge regionale a prima firma Giuseppe Giudiceandrea da me redatta con alcune delle associazioni Lgbt calabresi.
Ciò costituisce certamente un segnale importante di riconoscimento dell’evoluzione culturale e sociale dei legami familiari e più in generale dell’amore che va vissuto senza pericolo di discriminazioni o, peggio, di violenze.
Ecco perché confido, anche grazie all’eco di questa giornata, che il Consiglio regionale, in primis il presidente Nicola Irto, possa non ascoltare il canto delle sirene che vorrebbero un ritorno al passato e spingono affinché questa legge non sia mai messa in calendario e cada nell’oblio di fine legislatura.

*esponente Pd, attivista per i diritti civili