L’iniziativa, portata avanti dai consiglieri regionali sia di minoranza che di opposizione, punta a coinvolgere i media. In Calabria sono tre le antiche lingue da valorizzare: arbereshe, greca e occitana
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La tutela e la valorizzazione della lingua e del patrimonio culturale delle minoranze linguistiche e storiche presenti in Calabria attraverso una più capillare programmazione radio-televisiva. A questo obiettivo tende una proposta di legge regionale presentata da sei consiglieri in rappresentanza sia della maggioranza sia dell’opposizione: a firmare il provvedimento sono il presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto, e i capigruppo del Pd, Sebi Romeo, de La Sinistra, Giovanni Nucera, della Casa delle Libertà, Gianluca Gallo, di Forza Italia, Claudio Parente, e di Ncd, Giovanni Arruzzolo.
Nella proposta di legge regionale, che punta a modificare una normativa risalente al 2003, in primo luogo si dà una definizione precisa di minoranze linguistiche quali «formazioni sociali, costituite significative comunità, in cui sono aggregati individui accomunati da coesione linguistica e culturale, con corredo di valori storici e di tradizione differenziati rispetto a quelli propri dell’identità nazionale». In Calabria, in particolare, sono essenzialmente tre le minoranze linguistiche e storiche presenti, quella arbëreshë, quella greca e quella occitana. La proposta normativa, alla cui elaborazione ha dato un concreto contributo il Co.Re.Com. (Comitato regionale per le Comunicazioni), dispone che la Regione «sostiene e incentiva l’utilizzo delle lingue arbëreshë, greca e occitana nel settore dei mass media (emittenza televisiva locale, Rai Calabria e altri)» stipulando accordi e convenzioni con i mass media radio-televisivi per la realizzazione di «adeguati palinsesti, comprensivi di notiziari, programmi culturali, educativi e di intrattenimento nelle lingue di minoranza». Nel complesso, l’intenzione della proposta di legge a firma Irto, Romeo, Nucera Gallo, Parente, Arruzzolo è quella di considerare le minoranze linguistiche calabresi «non come mero patrimonio dialettologico, glottologico, astrattamente tutelato ma come risorse, anche economiche, fondamentali, e perciò da conoscere, salvaguardare e accrescere per rafforzarne la consapevolezza e il senso di appartenenza alle nostre comunità locali». La proposta di legge è stata assegnata alla terza Commissione del Consiglio regionale per l’esame di merito, e alla Commissione Bilancio per il parere.