VIDEO | Con i suoi libri tradotti in tutto il mondo, lo scrittore cresciuto a Carfizzi ha fatto conoscere gli arbëreshë lontano dai confini calabresi
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La scrittura è uno degli strumenti migliori per preservare la cultura arbëreshe. Per raccontare l'Arbëria attraverso i libri possiamo fare riferimento a una serie di opere che descrivono la cultura, la storia e le tradizioni, tesori di questa minoranza etnico-linguistica. Tra gli scrittori spicca il contributo donato dalla penna di Carmine Abate, il quale ha sempre nutrito un forte legame per le sue origini. Nato da una famiglia albanese immigrata sulle coste ioniche, è cresciuto a Carfizzi un piccolo paese arbëresh della Calabria. È l’emblema di una letteratura originale e rappresentativa nata dall’incrocio di due culture arbëreshë e italiana.
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Con i suoi libri tradotti in tutto il mondo ha fatto conoscere gli arbëreshë lontano dai confini calabresi e continua tutt’ora. Sin dal primo romanzo pubblicato in italiano “Il ballo tondo” e fino a “La festa del ritorno”, i racconti dell’emigrazione “Il muro dei muri” i romanzi intermedi “La moto di Scanderbeg” e “Tra due mari” affronta i temi del viaggio e dello sradicamento, ma soprattutto la problematica identitaria attraverso personaggi espressivi che evolvono tra i loro paesini calabresi d’origine cullati da una cultura arbëreshe rivendicata come baluardo identitario. È un omaggio a una comunità che, attraverso la sua storia e le sue tradizioni, continua a parlare al cuore e alla mente delle persone.
«Per me è sempre stato fondamentale sin dal primo romanzo “Il ballo tondo” uscito nel 1991 e quest’anno pubblicato negli Stati Uniti. Significa che la comunità arbëreshe è assolutamente una ricchezza così come lo è conoscere più lingue. Nei miei libri si impigliano spesso parole arbëreshë e parole calabresi “arbëreshizzate”, definisco queste parole come delle esche vive che lancio nel lago della mia memoria e loro tirano fuori le storie» afferma lo scrittore Carmine Abate.