VIDEO | Le immagini e i racconti degli invisibili che subiscono i conflitti in Siria e in Ucraina nell’ultimo libro del giornalista ospite a Reggio Calabria del movimento SìAmo
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«La foto è un mezzo potentissimo per riportare le vicende, una sorta di memoria condivisa, di ricordo precostituito. Il mio è anche un lavoro di ricerca, fondato sulla scrittura e sulla sceneggiatura che in ogni documentario sono essenziali a delineare l’arco narrativo». Foto, immagini, parole e soprattutto l’urgenza di dare voce alle storie dentro la storia. Così Giorgio Bianchi racconta il suo punto di vista sui conflitti in atto nel mondo. Introdotto da Marilù Lo Schiavo, coordinatrice calabrese del movimento SiAmo che ha promosso l’evento e da Rosario Dato, il fotoreporter e giornalista ha presentato a Reggio Calabria il suo volume “Teatri di guerra contemporanei”, contribuendo con la sua esperienza a scandagliare quella Linea di faglia in cui si muovono guerre solo in apparenza geograficamente circoscritte e troppo spesso affidate a resoconti superficiali e frammentari.
Raccontare attraverso le foto
«Nell'ambito della comunicazione globale, siamo invasi da immagini con bombardamenti, distruzione, sofferenze, esplosioni, ma dietro non c'è un solido racconto delle persone che vivono quelle situazioni. Il mio lavoro è proprio quello di dare voce alle persone invisibili che subiscono le drammatiche conseguenze delle guerre, scelte e volute da quei personaggi epocali di cui passano alla storia solo come sfondo», ha spiegato il fotoreporter, insignito di numerosi premi internazionali. Rispetto ad un giornalismo mordi e fuggi, Giorgio Bianchi ha scelto l’osservazione a lungo termine, maturando uno sguardo profondo dentro la vita delle persone durante i conflitti.
Teatri di guerra
«Ho raccolto diverse testimonianze: il foreign fighter, la ballerina, la famiglia che vive in un bunker sotterraneo perché fuori bombardano e l'unico posto sicuro sono gli scantinati, i minatori, un sarto che di giorno lavora nella sua sartoria e di notte controlla una postazione di artiglieria in Siria. Ognuna di queste storie ci restituisce un frammento di una realtà complessa che può e deve essere vista da tanti punti di vista. Io offro il mio che non è l'unico ma è uno dei tanti che contribuisce ad una visione più completa dei fatti. Il lavoro del fotoreporter non è, infatti, un lavoro oggettivo ma soggettivo. Credo che dovrebbe essere offerta a tutti la possibilità di osservare eventi epocali con il maggior numero dei punti di vista possibile. Credo che questo significhi vivere in democrazia», ha evidenziato ancora Giorgio Bianchi.
Le testimonianze dal Medio Oriente
Una prospettiva poliedrica che scorge quel che di universale vi è in ogni luogo di guerra. «I conflitti attuali sono a bassa intensità, si protraggono per lungo tempo. La guerra in Siria dura da dieci anni, la guerra in Ucraina da sette, quella di Afghanistan da venti. Quindi sono conflitti che producono per anni conseguenze sulle popolazioni e sono preludio di sanzioni internazionali. La guerra civile in Ucraina rischia di far piombare l'Europa in un conflitto su più larga scala con la Russia, quindi è da tenere sotto stretta osservazione. La guerra in Siria, raccontata come civile, è in realtà una guerra mondiale a bassa intensità in cui tanti attori internazionali combattono su un territorio neutro, servendosi di milizie mercenarie in lotta contro Assad», ha concluso Giorgio Bianchi che con la sua macchina fotografica e il suo taccuino si è spinto fino in Burkina Faso, Vietnam, Myanmar, Nepal, India, Siria e Ucraina. In particolare a Donbass, nell’Ucraina Orientale, Giorgio Bianchi ha conosciuto Sasha, un uomo cieco impegnato in una miniera di carbone. Al recupero della sua vista è dedicato il progetto documentaristico incentrato sulla sua storia.