Non siamo soli nella battaglia a difesa delle mura greche di Vibo Valentia. O per meglio dire, c’è vita sulla Terra. Il silenzio assordante delle istituzioni seguito alla denuncia sollevata dall’archeologa Anna Maria Rotella, e ripresa dalle nostre testate nei giorni scorsi, ha avuto un primo, concretissimo, importante esito. A chiedersi cosa stia accadendo sulla provinciale per Sant’Onofrio, dove, a dispetto di un vincolo severo quanto vecchio di ben 42 anni, Comune, Provincia e Soprintendenza hanno autorizzato un cantiere stradale, è Antonio Viscomi, deputato del Partito Democratico e professore universitario catanzarese.

Interrogazione parlamentare: che sta succedendo?

Viscomi in data odierna presenta un’interrogazione a risposta in Commissione Cultura - Ministro per i Beni e le attività culturali. E lo fa per chiedere, in sostanza, quello che ci eravamo già chiesti noi, nel riprendere la denuncia della Rotella. Ovvero, come è stato possibile che Regione Calabria, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e Provincia di Vibo Valentia abbiano dato parere favorevole all’apertura di un cantiere in piena area vincolata. E come lo abbiano potuto fare “con la sola prescrizione della sorveglianza da parte di un archeologo in fase di esecuzione dei lavori, senza ricorrere alla normativa relativa all’archeologia preventiva sulla base dei dettami del Nuovo codice dei beni Culturali, propedeutica ad ogni parere relativo alla rimozione di un vincolo esistente”.

E l'archeologia preventiva?

Qualcuno certamente ricorderà come già nel 2016 la mancata adozione di interventi di archeologia preventiva aveva portato allo scandalo del rinvenimento, danneggiamento e re-interramento di un nuovo tratto di mura greche. E ricorderà altresì come la stessa Soprintendenza avesse individuato come “errore di fondo”, tale da condurre allo scempio, proprio la mancanza di una fase di archeologia preventiva. Ovvero, la mancata effettuazione di sondaggi propedeutici all’avvio dei lavori, che avrebbero potuto verificare la presenza in loco di reperti o siti archeologici prima che ci finissero sopra le ruspe, come poi accaduto. Oggi, questo reiterare la mancanza di archeologia preventiva, in area tra l’altro assolutamente protetta, farebbe pensare chiunque. E speriamo faccia pensare anche a Roma.

Area intoccabile

Proseguendo nell’interrogazione, Viscomi ricorda come il vincolo sia stringente proprio per «evitare che siano modificate le condizioni dell’ambiente determinato dalle mura stesse, e come sia stato pensato per «creare una zona di rispetto che assicuri la preesistenza, attorno alla zona archeologica, delle condizioni ottimali attualmente esistenti». Prosegue evidenziando come, in tal senso, l’esecuzione delle «opere idrauliche di sistemazione del fosso Rio Bravo-Calzone e di sistemazione della viabilità di accesso al Nuovo Ospedale non sembrino in linea con i divieti imposti dal decreto di vincolo, che indica tra gli altri il “divieto di tracciare nuove strade, allargare sentieri già esistenti, procedendo a sbancamenti o riporti che alterino l’aspetto attuale della zona o danneggino la stabilità delle mura greche attigue». Perché, stanti questi divieti, Regione, Soprintendenza e Provincia prevedono non solo i lavori di bonifica e viabilità, ma anche ulteriori interventi infrastrutturali per il recupero di un rudere coloniale, da rendere fruibile con la costruzione di un ulteriore tratto viario, finalizzato alla valorizzazione del comparto del Parco Archeologico di Hipponion-Valentia, a fronte del parere favorevole della Soprintendenza, e dietro il versamento alla stessa di un importo ad hoc?

Le associazioni sul piede di guerra

Viscomi comunica che molte associazioni del vibonese sono in attesa di ricevere lumi, chiarimenti, risposte. «Considerato inoltre che in data 31-1-2019 i presidenti dell’Associazione Italiana di Cultura Classica, dell’Archeoclub di Vibo Valentia, del Forum delle associazioni vibonesi e dell’Associazione WWF Provincia di Vibo Valenti hanno presentato la richiesta per l’accesso agli atti per rendere visione dell’iter amministrativo, rivelando in tal modo una esistente preoccupazione sull’attuale vicenda e sui rischi futuri a cui verrebbe a trovarsi la efficace tutela dell’intera area archeologica sottoposta a vincolo peraltro da adeguatamente valorizzare a fini turistici», si chiede «quali iniziative si intendano porre in essere per verificare la situazione di rischio archeologico; per verificare la correttezza delle procedure fin qui messe in atto; per vigilare comunque sulla tutela dell’area indicata e delle aree archeologiche limitrofe; più in generale, per porre in essere una efficace tutela delle zone vincolate che si trovano ad essere interessate da lavori pubblici, per forza di cose destinati a ridisegnare i bisogni urbanistici dell’area considerata e da contemperare con una efficace azione di tutela e promozione del patrimonio archeologico». Se lo chiede lui, e ce lo chiediamo anche noi...

 

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