VIDEO | Il 38enne di Urbino sta portando in giro per l'Italia il suo nuovo romanzo 'Nandèra, il ragazzo della profezia'. Un lavoro ispirato al disturbo da cui è affetto sin da bambino che si traduce nella mancanza di coordinazione tra pensiero e azione
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Vivere ogni cosa in ritardo e avere i movimenti rallenti mancando una coordinazione perfetta tra cervello e azione. E’ questo ciò che succede a chi è affetto da disprassia, un disturbo psicomotorio che interessa il 5% della popolazione italiana, che fa sembrare una persona timida, impacciata a volte goffa. E’ quello che è successo a Pierluigi Cuccitto, nato a Urbino 38 anni fa, che da bambino disprassico oggi è diventato uno scrittore di successo. «Ho scoperto il mio problema all’età di 12 anni circa grazie ad un day hospital. Da lì ho cominciato a fare terapia occupazionale per risolvere il problema o perlomeno gestirlo perché, come nel caso della dislessia, è una cosa che rimane ma devi solo imparare a gestirla. E’ stato difficile, non ero del tutto cosciente. E’ stato un percorso molto lento e in quel momento mi sono rifugiato nei libri che mi hanno dato una grande forza».
Scrittura fantasy
Ed è proprio nella scrittura fantasy che Pierluigi trova la sua dimensione che rispetto ai ritmi frenetici del quotidiano, gli permette di scoprire il valore della lentezza. Dopo una serie di racconti, ”Il ragazzo in ritardo” è il suo primo romanzo, seguito da “Nandèra il ragazzo della profezia”, un elogio della lentezza e più in generale della “diversità” di chi non può, o non vuole, seguire il passo di una società frenetica che l’autore sta portando in giro per l’Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a un disturbo ancora poco raccontato e poco conosciuto. Ultima tappa di questo viaggio che proseguirà nei prossimi mesi, la libreria "Non ci resta che leggere" di Soverato dove l’autore ha dialogato con Laura Montuoro.
La lentezza come risorsa
«In questa storia c’è una setta mercantile religiosa che grida “efficienza, rapidità e non perdere tempo”. Solo che questo distrugge il mondo. Io credo che bisogna andare piano per gustarsi la realtà». Una realtà che per l’autore deve essere accettata e vissuta pienamente, è questo il messaggio rivolto a chi vive la disprassia. «Mi sento di dire di non far sentire il ragazzo o il bambino disprassico, bisogna dargli un clima lento, confortevole, in modo da poter vivere tranquillamente perché non è una vergogna. La disprassia ti fa vedere il mondo in un modo diverso, quasi più genuino, meno frettoloso e quindi questo disturbo può diventare una risorsa».