Il presidente Giuseppe Riccardo Succurro ha consegnato al Pontefice l'invito ufficiale del decimo congresso internazionale e il "Libro delle Figure dell'Abate di Gioacchino da Fiore" di Tondelli, Reeves e Hirsh-Reich
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«È un papa gioachimita». Al termine dell'Udienza Generale di stamattina in Piazza San Pietro, il presidente del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti Giuseppe Riccardo Succurro ha avuto un incontro con Papa Francesco. Il presidente gli ha consegnato l'invito a partecipare al 10° Congresso Internazionale di Studi Gioachimiti "Gioacchino da Fiore e la Bibbia" e gli ha donato "Il libro delle figure dell'Abate Gioacchino da Fiore" di Leone Tondelli, Marjorie Reeves, Beatrice Hirsch-Reich, una prestigiosa riedizione pubblicata nel 1990 dalla SEI con la collaborazione del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti. "Il libro delle figure" è la più bella ed importante opera di teologia figurale e simbolica del Medio Evo. In esso è perfettamente illustrato il complesso ed originale pensiero profetico di Gioacchino da Fiore, basato sulla teologia trinitaria della storia e sulla esegesi concordistica della Bibbia. Attraverso un linguaggio figurale, evocativo e simbolico, Gioacchino da Fiore rende comprensibile il suo progetto di riforma dell'ordine monastico, la sua complessa concordanza fra il Nuovo e l'Antico Testamento, la teologia trinitaria e la sua teologia della storia. La delegazione del Centro Studi oltre al presidente Succurro era composta dal vicepresidente Saverio Basile e dai membri Anna Loria e Antonio Mancina.
Già in un precedente incontro, una delegazione del Centro Studi aveva consegnato al Papa alcune pubblicazioni dell'abate calabrese, un gesto apprezzato da Bergoglio con il suo sostegno «a vedere coronati di frutti positivi gli sforzi dispiegati in favore della diffusione del pensiero di Gioacchino da Fiore». Anche Papa Benedetto XVI ha espresso "gratitudine" al Centro Studi per la promozione del messaggio dell'Abate di Fiore donando al presidente una sua pubblicazione con una dedica autografa e scrivendo che «negli anni Cinquanta Gioacchino era ancora considerato un sognatore sulla cui opera si preferiva tacere... Da allora l'opera di Gioacchino è stata al centro di ampi dibattiti e il silenzioso abate di Fiore si meraviglierebbe di tutto quello che oggi gli si attribuisce .. Per questo la pubblicazione di una moderna edizione critica dei suoi scritti rappresenta un'assoluta necessità, alla quale ha corrisposto il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti».
Insieme all'invito il presidente Succurro ha consegnato a Papa Francesco il programma del decimo Congresso che si si terrà nell’ Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore dal 19 al 21 settembre 2024. Il decimo Congresso Internazionale di Studi Gioachimiti affronta una questione centrale per la conoscenza di Gioacchino da Fiore. Pensatore fra i più originali di tutto l’Occidente, l’abate calabrese si caratterizza per lo sforzo di trovare una chiave che permetta di comprendere e chiarire il senso e la direzione della storia, intesa come “luogo” del progressivo manifestarsi del disegno divino. Lo sguardo dell’abate calabrese si distende dal passato al futuro. Prima e dopo essere celebrato da Dante come “di spirito profetico dotato”, molti lo hanno considerato profeta, consultato e ascoltato come tale già da papi e sovrani del suo tempo.
In verità, secondo la testimonianza di un contemporaneo che lo conobbe personalmente, l’abate Gioacchino rivendicava piuttosto lo “spirito di intelligenza”, inteso come capacità di comprendere a fondo la Scrittura e decifrarne i misteri. In essa riteneva di trovare la spiegazione dei conflitti presenti e le ragioni per confidare in un futuro migliore. I racconti biblici sono intesi da Gioacchino come precisa e puntuale prefigurazione di quanto è avvenuto e ancora deve avvenire nel corso del tempo. Letta alla luce della Bibbia e nel suo specchio anticipatore, la storia realizza ed invera il significato più profondo di quei racconti. Gioacchino da Fiore è l’ultimo campione di una teologia che vive e si alimenta attraverso il confronto personale e diretto con le Scritture, lette in chiave simbolica e attraverso il ricorso a procedimenti esegetici complicati e molteplici. L’abate è sul crinale tra due mondi: il suo è il mondo delle abbazie, dei monaci e della teologia simbolica; ma già avanza e preme il mondo delle scuole, dei nuovi Ordini religiosi e delle Summe, opere organizzate secondo il nuovo metodo “scientifico” e i cui contenuti sono tematicamente imposti dal confronto con le opere aristoteliche.
I precedenti congressi sono stati dedicati alla sua figura, all’impresa monastica, alle opere autentiche e pseudoepigrafiche e al lascito profetico e apocalittico, imperniato sull’attesa del tempo dello Spirito e variamente ravvivato fino all’Età contemporanea. Il decimo Congresso, il cui programma e la cui organizzazione scientifica si devono a Marco Rainini e Dominique Poirel, affronta in prospettiva storica e filologica, teologica ed esegetica le questioni fondamentali relative a Gioacchino interprete del “grande codice” biblico, da cui tutta la sua visione trae ispirazione e vigore. Di quale versione della Bibbia disponeva? Quali i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento cui rivolse maggiore attenzione? Quale il suo metodo interpretativo, quali le predilezioni e gli accenti originali rispetto a scuole e orientamenti precedenti e contemporanei? Questioni di cui tratteranno una ventina di studiosi notoriamente qualificati nel vasto e fiorente campo degli studi internazionali sulla Bibbia nel Medioevo.
«Gioacchino fu un teologo di grande originalità. Ancora oggi – ha scritto Bernard McGinn – le sue complesse teorie sull’esegesi, sulla natura della storia e sulla Trinità ispirano serie riflessioni teologiche. Nel 1964 il giovane Jurghen Moltman scrisse una lettera all’anziano Karl Barth. Vi proclamava: «Gioacchino è più vivo di Agostino. Non è necessario essere d’accordo con Moltman poiché sia Gioacchino sia Agostino sono “vivi”. Gioacchino resta un interlocutore della teologia contemporanea: nel Gioacchino autentico si può ancora ritrovare una sapienza teologica in grado di essere un contributo al nostro nuovo millennio».