Inaugurata nelle sale del Castello Murat l’esposizione dei monili antichi appartenenti alla famiglia di maestri orafi di San Giovanni in Fiore
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È la Sala del processo del Castello Murat di Pizzo a ospitare l’esposizione “Ori Antichi” della famiglia Spadafora, illustri maestri dell’oreficeria di San Giovanni in Fiore. La mostra è stata presentata dalla delegata al Turismo del Comune di Pizzo, Sharon Fanello, durante una conferenza stampa ospitata sulle terrazze del maniero Aragonese. Hanno partecipato all’incontro con i giornalisti il direttore della sovraintendenza di Cosenza, Mario Pagano, l’ex parlamentare Franco Laratta e Giancarlo Spadafora, uno dei figli dell’orefice Giambattista, che negli anni ’40 e ’50 prese in mano l’antica bottega “Funtanella”, avviando un percorso di ricerca storica sulla Calabria e sui suoi personaggi celebri.
Gioielli come “status symbol”
Giambattista Spadafora ereditò dal nonno Francesco l’amore per l’arte orafa. Secondo la tradizione del tempo, un gioiello era stimato come un bene di prima necessità, perché non ci si poteva sposare senza anello nuziale, allo stesso modo una suocera non poteva sfigurare non donando alla nuora la “jennacca”, una collana formata da grani d’oro sferici, come regalo di fidanzamento. Farsi forgiare un gioiello consentiva di presentarsi in società “dignitosamente”. I gioielli, dunque, erano considerati degli status symbol ed erano l’espressione di una certa disponibilità economica, anche se il loro scopo era prevalentemente quello di testimoniare l’impegno matrimoniale di una donna.
L’orafo delle Madonne
Giambattista si avvicinò all’arte orafa all’età di 17 anni, iniziando a lavorare per chiese e diventando presto noto come “l’orafo delle Madonne” per la quantità di corone realizzate per le statue delle parrocchie della Calabria. Nei primi anni ‘90 compì un gesto di grande generosità, facendo dono al Museo demologico di San Giovanni in Fiore dei gioielli borbonici (recuperati in Argentina, dove la sua famiglia era emigrata negli anni ’50) affinché tutti potessero beneficiarne.
Bene artistico patrimonio di tutti
Il più grande desiderio del figlio Giancarlo, che ha presenziato l’inaugurazione della mostra, è stato da sempre quello di realizzare un museo dedicato all’esposizione delle corone e dei gioielli di famiglia. Oggi quel sogno si può definire realizzato, grazie alla concessione della sala del Castello Murat di Pizzo, dove i monili resteranno in esposizione sino al 30 settembre.
«È stato un lungo percorso iniziato quasi tre anni fa quello che ha portato alla realizzazione della mostra», ha affermato Spadafora.
Con il fratello Peppe, Giancarlo ha sottoposto all’attenzione del Ministero dei Beni Culturali l’enorme collezione di gioielli risalenti al periodo compreso tra Settecento e Novecento. Ogni gioiello ha una storia a sé. La storica dell’arte Rosa Romano, degli Uffici del Palazzo Reale di Napoli, ha riconosciuto l’autenticità di tutti i 460 gioielli della collezione Spadafora, definiti «di grande interesse storico». Di questi, 33 monili sono stati selezionati in base al valore affettivo ed esposti a Pizzo.