«A mio padre furono infoibati due fratelli, uno di 40 anni e uno di 26, e una nipote morì nella strage di Vergarolla - racconta Lucilla Crosilla, esule da Canfanaro, Istria -. Con la mia famiglia siamo venuti via perché abbiamo avuto l'opportunità di imbarcarci nel 1943 sulla nave toscana. Mio papà rimase in carcere a Pola e riuscì a scappare grazie ad un bombardamento. Ci raggiunse poi a Trieste. Io non ho molti ricordi perché i miei genitori non parlavano di questo argomento. Intorno a noi c'era solo silenzio. Non ci hanno mai raccontato la loro sofferenza e la tragedia che avevano vissuto. Dopo la morte di mio padre ho trovato degli scritti che aveva lasciato. Giorno per giorno scriveva tutto quello che stava succedendo a Canfanaro. Trovando questi scritti - prosegue Lucilla - mi sono sentita in dovere di leggerli e di trascriverli per informare gli italiani di questa grande tragedia». Troppi anni di silenzio dietro la storia di migliaia di vittime delle foibe. Storie di uomini, donne, bambini italiani gettati vivi nelle cavità carsiche del'Istria. Sanguinosi eventi che che seguirono la fine della seconda guerra mondiale raccontati agli studenti di Catanzaro, nella Casa delle Culture del palazzo della Provincia su iniziativa del Comitato 10 febbraio in occasione del "giorno del ricordo" istituito nel 2004, dalla voce di chi quegli anni li ha vissuti personalmente.  

Ristabilire la verità storica

«L'iniziativa nasce dall'urgenza di fare memoria, un esercizio di dovere civile rispetto ad una dimenticanza di oltre 60 anni che riguarda un problema tutto italiano - spiga Fabio Lagonia del Comitato 10 febbraio che ha organizzato l'evento in collaborazione con l'Ufficio Scolastico Regionale, Provincia e Comune di Catanzaro -. Il problema delle foibe, il problema dell'esodo di circa 350 mila italiani è stato colpevolmente sottaciuto per varie ragioni di ordine politico ma adesso non possiamo più fare finta di niente. Ed è bello che in una giornata come questa abbiamo degli esuli che vivono in Calabria che sono venuti a dare la loro testimonianza ai ragazzi». Il ricordo come dovere dunque ma anche come impegno per ristabilire la verità storica e dare il giusto valore alla libertà. 

Il valore della libertà

«Io sono nato a Fianona, provincia di Pola, il 26 febbraio 1932 - racconta Silvano Scherl esule da Fianona, Istria -. Ho vissuto la mia infanzia sotto la guerra. Quando l'Italia è entrata in guerra avevo 8 anni, quando la guerra è finita ne avevo 13. Per me la libertà è qualcosa di sacro che si acquista con il sacrificio delle persone e non sempre è rispettata. Le foibe sono delle voragini naturali profonde tra i 50 e i 100 metri. Sotto c'è l'acqua. I contadini ci buttavano gli animali malati. Mentre i titini le hanno usate per buttare le persone, ammazzate o vive. E tutto questo è stato nascosto per tanti anni. Il giorno del ricordo istituito nel 2004 a noi non ha dato gioia ma giustizia. Qualcuno ha cominciato a parlare. Oggi sono felice perché in molte città di Italia questo giorno viene celebrato, per ricordare, per evitare che un domani possa succedere di nuovo».