Vive da sette anni in Italia, il suo primo approdo fu la città di Palermo dopo due giorni e due notti di viaggio in mare senza mangiare né bere insieme ad altri 200 connazionali.  E ancor prima che intervenisse la marina militare il dramma di un nubifragio che determinò la morte di 90 migranti.

Lui è Soumalia Diawara, autore del libro “Le cicatrici del porto sicuro”. Un libro che è il diario di un sopravvissuto in cui si raccontano i motivi di fuga di milioni di persone. Le guerre per procura, dittature ed ingerenze. E poi la decisione di pubblicare il libro che nasce dalla volontà di rendere testimonianza diretta dell’orrore che si vive in Libia. «La paura del diverso incide, ha affermato l’autore. Fino a quando non avremo il coraggio di guardare le persone come tali a prescindere dalle differenze culturali, si resterà nelle condizioni di arretratezza.

Dobbiamo darci delle prospettive, altrimenti l’emigrazione continuerà. Si scappa da torture, violenze, da ingiustizie inaudite. Si è costretti ai lavori forzati nei campi, ecco perché la fuga. Sono calpestati i diritti umani e in molti fanno finta di nulla. Quando una persona rischia la vita, così come accade durante gli sbarchi, vuol dire che non ci sono alternative».  Il libro è stato presentato nei giorni scorsi al liceo classico di Corigliano.

L’iniziativa è stata voluta dall’Associazione di volontariato Fraternità Giovanni Paolo II di Schiavonea, presieduta da Giovanni Mulè,  con il patrocinio del Ministero dell’Interno e la collaborazione della cooperativa CSC Credito senza Confini.

Dopo i saluti introduttivi del sirigente scolastico Edoardo Giovanni De Simone, che ha esortato gli studenti alla comprensione del disagio che vivono molti superstiti dei vari naufragi avvenuti sulle nostre coste, è intervenuta la referente scolastica per l’inclusione Rosa Boragina che ha presentato e introdotto gli ospiti, nonché la referente della cooperativa sociale “Centro studi didattico ambientale Sibarys” progetto Sai Bocchigliero e (Lab scrittura creativa del Progetto Fami– lingua migrante 2) Morena Barletta che si è soffermata  sull’importanza del dibattito incentrato sullo sfruttamento lavorativo, come piaga non solo per gli stranieri, ma anche per gli italiani che spesso vengono sfruttati.

È stata sottolineata l’esperienza pregressa in un laboratorio di educazione civica nel quale sono stati aggiunti lezioni di diritto al fine di far meglio comprendere il fenomeno dello sfruttamento e del lavoro sottopagato. Infine, la narrazione di una storia interessante, vissuta da un cittadino del  Bangladesh che sognava di fare il cuoco, riuscendoci. 

Per l’ufficio diocesano migrante è intervenuto il direttore Giovanni Fortino che ha relazionato sui flussi migratori, sul fenomeno del caporalato e degli sbarchi a Schiavonea. A conclusione, gli interventi del referente Arsac (progetto di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura) Davide Colace e per la fraternità Giovanni Paolo II  Kane Alssaini– esperto interculturale – mediatore linguistico e referente della comunità africana a Corigliano, che ha raccontato le difficoltà di chi arriva nel territorio, avendo difficoltà di lingua e integrazione.