È un’ondata di gioia e divertimento, di empatia e di solarità, di attenzione verso il prossimo e di condivisione, quella che ieri sera ha pervaso il Me Restaurant di Pizzo dove si è celebrata l’iniziativa fortemente voluta dall’Associazione italiana persone down di Vibo Valentia insieme allo chef Giuseppe Romano (Ambasciatori del gusto) ed al Gruppo Pubbliemme - Network LaC a favore dei ragazzi trisomici.

 

Il progetto, nato dal desiderio di favorire l’integrazione sociale delle persone con trisomia 21, ha reso protagonisti una decina di ragazzi dell’Aipd residenti nel Vibonese di un laboratorio culinario dove, a partire dalle 18:00, schierati uno ad uno con cappelli da chef e grembiuli squisitamente evocativi "A tavola i veri limiti esistono in chi guarda", si sono cimentati in una serie di piatti e di sperimentazioni gastronomiche in un clima gioviale di armonia e collaborazione.

Il workshop culinario, tra apprendimento e inclusione, tra piatti elaborati e sorrisi genuini, ha la finalità di dimostrare quanto le persone con disabilità siano una risorsa importante anche dal punto di vista della produttività lavorativa e delle capacità di stabilire relazioni empatiche con gli altri, contribuendo sensibilmente a migliorare il clima all’interno del luogo di lavoro.

 

In sala, ad attendere, le famiglie dei giovani chef e l'abbraccio sentito delle istituzioni, con la presenza del sindaco Maria Limardo, del presidente della provincia Salvatore Solano, del vicesindaco Domenico Primerano, degli assessori  Rotino e Scalamogna, del consulente del comune dott. Colloca, che hanno potuto degustare assieme ai ragazzi i cibi preparati trascorrendo in loro compagnia la cena conviviale nel noto locale d’alta cucina. La serata, che ha visto il patrocinio delle associazioni Euro Toques - Unione Europea Cuochi, e Imahr - International maitre association hotel restaurant si è conclusa con la consegna degli attestati a ricordo dell'evento.

 

Un percorso formativo di inserimento verso il mondo del lavoro di persone con sdD fino a qualche tempo fa considerato impossibile ma che – ne è evidenza il successo di questa e di altre analoghe iniziative – sta avanzando con costanza e tenacia affinché venga socialmente riconosciuto come un diritto di ogni persona con sdD l’imparare un mestiere e l’avere la possibilità di poterlo svolgere.

 

Permettere alle persone con sindrome di Down di inserirsi in un percorso di crescita e di autonomia personale e sociale per evitare l’isolamento al quale probabilmente, finito il ciclo di studi, sarebbero destinati, apre la strada ad un presente e ad un futuro in cui ciascuna di queste giovani risorse possa felicemente sentirsi parte integrante del tessuto economico e produttivo della società.