Nel 2016 i carabinieri della Compagnia di Paola avevano sorpreso Luigi Muto, figlio del "re del pesce" Franco Muto, alla guida dell'auto nel territorio di Acquappesa mentre era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale e così, dopo la denuncia, il tribunale paolano lo aveva mandato processo. Ma dopo quasi quattro anni e decine di testimonianze, i ieri i giudici lo hanno assolto perché il fatto non costituisce reato. Luigi Muto, già detenuto, ha assistito alle udienze in videoconferenza.

La tesi della difesa di Muto

A difendere in aula l'imputato c'era il legale Michele Rizzo, il quale ha dimostrato che all'epoca dei fatti contestati, Muto, pur dovendo ottemperare all'obbligo di dimora nel comune di Cetraro, era stato autorizzato dal tribunale di sorveglianza a recarsi ad Acquappesa per motivi di lavoro, come avveniva quotidianamente in quel periodo.

La condanna nel processo Frontiera

A giugno del 2018 Luigi Muto è stato condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione al termine del processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, del processo Frontiera. L'inchiesta della Dda di Catanzaro portò all'arresto di 58 persone e colpì duramente la criminalità organizzata della costa tirrenica cosentina. Secondo gli inquirenti, il figlio del boss Muto avrebbe gestito gli affari della cosca cetrarese quando il padre, a capo dell'omonimo clan di 'ndrangheta che ha il suo centro operativo a Cetraro da 40 anni, è rimasto a lungo detenuto nelle carceri italiane.