VIDEO | L'accusa del sindaco Mercurio: «Gente che aveva dialogato con noi si è poi messa su una strada senza uscita, fatta di delegittimazioni e invettive nei miei, anzi nei nostri, confronti»
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Quella che potrebbe essere catalogata alla stregua di una bega di paese in realtà sottende ben altro sotto il profilo giuridico, anche se gli aspetti peculiari della vita di una piccola comunità - con le sue ruggini e certi vecchi conti da regolare, sul piano politico e personale - pesano. Eccome.
Comunque sia, iniziamo ovviamente dai fatti, che hanno quale oggetto del contendere le villette al mare (in alcuni casi ‘villoni’ di svariate centinaia di metri quadrati). Parliamo di un numero che si aggira in termini complessivi fra le 70 e 80 abitazioni, alcune delle quali costruite quasi in un trionfo di abusivismo ovvero con stanze poggiate al muro delle ferrovie) realizzate a Caminia.
La loro costruzione risale agli anni successivi al 1964 quando sul fondo Panaja viene autorizzata una lottizzazione su circa 8 ettari di terreno dichiarato “roccioso e sterile” per la costruzione di case-vacanza. Poco meno di 20 anni fa, però, prende il via una vicenda giudiziaria con una successiva sentenza emessa dalla Cassazione che non lascia spazio alla permanenza degli stessi “manufatti”. Su cui, a parere della Suprema Corte pronunciatasi in merito, va emessa un’ordinanza di sgombero propedeutica alla successiva demolizione. Disposizione per la cui ottemperanza sarebbero varie le comunicazioni, un paio delle quali risalgono al 2018 ovvero quando non è ancora in carica la Giunta attuale.
Un esecutivo, quello guidato dal sindaco Alfonso Mercurio con accanto il vice Rosario Mirarchi, che subentrato in seguito alle elezioni nello stesso anno ossia poco dopo la comunicazione dell’atto giuridico si attiva per darvi seguito secondo la legge, ma si cura anche della sorte di tutti i proprietari (dice: «Da quanti possiedono una casetta di 40 metri quadri a chi invece dispone di una residenza da 300 mq con 500 mq di giardino, nessuno escluso»).
Un comportamento che ha illustrato poche ore fa in un’accorata filippica pronunciata in conferenza stampa nella Sala Polivalente di via Calabria a Stalettì. La sede in cui, affiancato da Mirarchi e dai componenti dell’intera squadra di pubblici amministratori della cittadina, spara a zero anche e soprattutto sui predecessori Pantaleone Narciso e Concetta Stanizzi (che parrebbe tra l’altro abbiano declinato l’invito a prender parte all’odierno incontro con i giornalisti).
Motivo? Sempre secondo lui, sarebbero responsabili di non aver dato corso ai “solleciti inerenti al drastico provvedimento da adottare sulle abitazioni di Caminia”. Accusa molto grave, ma che suona persino lieve di fronte all’affermazione (per cui lo stesso Mercurio sostiene di aver informato la Procura di Catanzaro) relativa “all’occultamento (presunto fino a prova del contrario, ndr) di Pec in cui la Capitaneria di Porto e la Guardia Costiera di Soverato chiedevano alla Stanizzi il rispetto del pronunciamento sulla ‘cancellazione’ delle case abusive” e riguardanti “lo scambio elettorale che si è consumato (per quanto ci riguarda si sarebbe verificato a parere del dichiarante, ndr) sugli stessi immobili di Caminia da 30 anni a questa parte”.
Quello del sindaco, però, è un po’ un J’accuse e ancor più un’autodifesa: «Gente che aveva dialogato con noi (si riferisce ai proprietari, ndr) si è poi messa su una strada senza uscita, fatta di delegittimazioni e invettive nei miei, anzi nei nostri, confronti. Mi hanno imputato di avere interessi nell’eolico e su di me hanno tirato fuori una vecchissima storia di metà anni Ottanta relativa a un condono chiesto e successivamente concesso a mio suocero dal sottoscritto nelle vesti di sindaco surrogante il responsabile del procedimento andato nel frattempo in pensione. Un provvedimento per cui gli erano stati chiesti 19mila euro di oneri dal tecnico comunale preposto mentre quando la pratica è arrivata sul mio tavolo ho stabilito che la cifra da pagare era invece pari a 25mila, non essendo in precedenza stata conteggiata la superficie dei balconi. Senza scordare che tanti anni fa mi sono dimesso da assessore per un avviso di garanzia ricevuto dal sostituto procuratore Luigi de Magistris salvo uscire dalla vicenda con un’assoluzione perché il fatto per i giudici non sussisteva. Non mi curo perciò di tali diffamazioni, avendo sporto denuncia per le più infamanti e dirette a colpirmi come uomo. Mi voglio semmai concentrare sul progetto di rigenerazione urbana che ci avrebbe peraltro consentito di acquisire dal Demanio il terreno di cui parliamo. Niente da fare, però, dal momento che i possessori delle case non hanno voluto saperne di rifarle a norma, bollando come inaccettabile il piano di un urbanista del calibro di Antonio Raffaele Riverso il quale aveva proposto una possibile via d’uscita».
Sulla stessa lunghezza d’onda del capo dell’amministrazione Mirarchi: «Ci dispiace che alcuni amici di prima, adesso neppure ci salutano. Ma hanno bocciato ogni nostra proposta: “Dalla pilotina al piano di cui ha parlato il sindaco che era tra l’altro piaciuto anche all’ex assessore regionale al ramo e grande esperto della materia Franco Rossi. In passato, non sono stati capaci di trovare soluzioni possibili come quelle ad esempio del Federalismo demaniale o di un’ipotesi simile all’emblematico caso di San Salvo. Si tratta di una località abruzzese in cui si è trovato un senatore che ha presentato in Parlamento una legge ad hoc, la 172 del 2017, grazie a cui hanno salvato circa mille case. Mentre la nostra ex prima cittadina Stanizzi, a seguito di una visita dell’allora presidente della Camera Laura Boldrini la quale si mise a disposizione di Stalettì per qualunque necessità di carattere istituzionale, non ha trovato di meglio che chiederle i gerani per la Piazza. E non credo sia una colpa imputabile a noi. Sono scelte, per carità».