VIDEO | Clamorosa protesta di un camice bianco del Pronto soccorso dello Jazzolino che questa mattina ha affisso uno striscione ai cancelli dell’ospedale. Un j’accuse durissimo che chiama in causa Regione e gestione commissariale: «Situazione allucinante tra turni massacranti e disservizi per i pazienti». E poi: «Che fine hanno fatto i colleghi cubani promessi?»
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«Il lavoro è dignità, lo sfruttamento è schiavitù». Si chiude così lo striscione improvvisato che un medico del Pronto soccorso di Vibo Valentia ha affisso su uno dei cancelli dell’ospedale Jazzolino. Un appello disperato rivolto implicitamente al commissario dell’Azienda sanitaria provinciale e al commissario regionale alla sanità, Roberto Occhiuto, affinché prendano piena coscienza di una situazione indegna di un paese civile, che non solo mortifica il lavoro di chi opera in ospedale, ma soprattutto mette a rischio l’assistenza sanitaria di base rivolta ai cittadini.
«I medici del pronto soccorso di Vibo Valentia sono allo stremo! - si legge nello striscione - Costretti a turni massacranti, coperti quasi sempre da un solo sanitario. È impossibile gestire contemporaneamente le emergenze-urgenze e i ricoveri in assenza di posti letto (quasi sempre) o di reparti (medicina). Questa condizione disumana che si è sopportata fino adesso, non è più sostenibile! Non può il singolo medico, a proprio rischio, dare una risposta ai problemi inveterati del sistema sanitario. Solo provvedimenti immediati e risolutivi, eviteranno, le ormai imminenti dimissioni in massa».
L’accorato appello, scritto su un lenzuolo bianco, è stato subito rimosso ma la denuncia pubblica ha fatto in tempo a deflagrare in tutta la sua forza.
«Non ce la facciamo più - aggiunge il medico, che abbiamo raggiunto ma che ha preferito restare anonimo –, la situazione è drammatica. Abbiamo bisogno di posti letto, non sappiamo dove sistemare i pazienti, che spesso restano sulle brandine nei corridoi per giorni». Che la situazione sia ormai a limite, lo si evince anche dalla foto che il familiare di un anziano degente ha inviato alla nostra redazione: «Per due giorni mio padre, malato oncologico – spiega una nostra lettrice - è stato lasciato nel corridoio del Pronto soccorso su un lettino di fortuna in attesa di un posto letto che è stato poi liberato a Tropea».
Inevitabili le tensioni che spesso esplodono tra le famiglie dei pazienti e il personale sanitario, incolpevole per i disagi ma unico interlocutore sul quale i cittadini sfogano la propria rabbia. «Ogni giorno veniamo minacciati - continua il medico autore della protesta -. È umiliante. Un solo medico non può gestire tutta la Provincia. Siamo in pochi. Costretti a turni massacranti e senza un giorno di riposo».
Attualmente al Pronto soccorso sono sette i medici in servizio, dopo che altri quattro sanitari, negli ultimi due mesi avrebbero rinunciato all’incarico, ma il collega che ha affisso lo striscione non se la sente di biasimarli: «Sono scappati perché non ce la facevano più». Poi, punta il dito contro la gestione commissariale del nosocomio: «Qual è la forza oscura che costringe Vibo Valentia a non avanzare mai?».
Nei giorni scorsi, durante un incontro tra i sindacati e il management aziendale, era stata avanzata la proposta di riattivare il reparto di Medicina oggi occupato dai malati Covid. «Si potrebbero recuperare 15 posti letto – dice il medico -. Noi oggi non sappiamo dove ricoverare i pazienti che restano in attesa per giorni nei corridoi».
A gravare su questa situazione è anche la mancanza di una medicina territoriale efficiente: «A Vibo non esiste. I medici di base ci mandano tutti i pazienti al pronto soccorso. E allora a cosa servono?». Un quadro a tinte fosche dove un lampo di luce potrebbe essere rappresentato dai medici cubani annunciati da tempo: «Che fine hanno fatto quelli che il presidente Occhiuto dice di aver ingaggiato? - si chiede il medico dello striscione -. Eppure l’Asp di Reggio Calabria li ha già destinati ed ora è alla ricerca di alloggi. Perché a Vibo questo non è successo? Quanti sono i medici destinati alla nostra provincia?». Domande che gira al governatore, con l’ultimo e più accorato appello: «Abbiamo bisogno di aiuto, non ci lasci da soli».