Con i suoi 220 abitanti è il centro più piccolo della Calabria. Siamo a Staiti, a 17 chilometri di curve dalla costa e 600 metri di altitudine.

Qui si arriva solo dopo aver percorso una strada che serpeggia tra le alture dell’Aspromonte, uno degli angoli più belli della Regione dal punto di vista naturalistico, ma anche uno dei più difficili da raggiungere perché le grandi vie di comunicazione sono lontane.

In paese il coronavirus fortunatamente non è ancora arrivato, ma la vita scorre sempre più o meno come prima. L’unico impiegato comunale è in smart working e il numero di telefono del municipio è ormai diventato quello del sindaco Giovanna Pellicanò, che ha aperto le porte del suo comune ai bambini per consentire loro di seguire le lezioni di scuola a distanza.

«Si vive all’interno delle abitazioni – racconta il primo cittadino – di un paese già silenzioso di suo. Da quando siamo in regime di lockdown questo silenzio sembra strano anche a me, perché anche quei pochi rumori non si sentono più».

A Staiti non ci sono supermercati ma i servizi essenziali sono garantiti da un ufficio postale, una farmacia, e un negozio di generi alimentari. La distanza sociale si sente anche se si abita a pochi metri di distanza. Qui dove la chiesa al centro del villaggio non è solo una metafora, il sogno di tutti è un pronto ritorno alla normalità.  

«Era già un paese desolato prima, ma ora è troppo - dice Rosina, prossima ai 100 e già due epidemie alle spalle – la gente non esce perché ha paura. Io? Nessun timore, ho un’età non ho cosa chiedere più».

«Qui siamo tranquillissimi – esclama un’anziana fuori dalla sua abitazione – non usciamo neppure a fare la spesa, perché c’è sempre qualcuno che viene a portarmela».

«Ora a casa si sta di più – spiega la titolare dell’unico negozio di alimentari presente a Staiti – e se prima uscivo a fare una visita e passare qualche ora in compagnia di qualcuno, adesso non lo faccio più».