Così parlava Baris Boyun arrestato oggi insieme alla moglie nell'ambito di un blitz che ha smantellato una vasta rete criminale: «Tutta la Turchia ne parlerà». L'uomo avrebbe gestito dalla Calabria la sua rete criminale mentre era ai domiciliari
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«Boyun Baris dice che d'ora in poi non farà lavorare pistole, dice "razzi, bombe, tutto…D'ora in poi non mi fermerò, che tutti stiano attenti ormai…d'ora in poi che tutti escano dai propri luoghi di lavoro, che escano dalle loro fabbriche, raderò al suolo ovunque, sono uscito per strada ora». Così la moglie del capo della mafia turca Baris Boyun, entrambi tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere che questa mattina ha smantellato la rete criminale guidata dallo stesso boss, tra i più ricercati dalla Turchia, in una intercettazione telefonica che fa riferimento all'attentato fallito alla fabbrica non molto distante da Istanbul legata al gruppo rivale noto come Saralar.
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Dai dialoghi intercettati emerge la «determinazione» del presunto boss della mafia turca «a riorganizzare un attacco armato nei confronti di coloro che riteneva responsabili di aver attentato alla sua vita e a quella della moglie - annota il gip Roberto Crepaldi nel provvedimento - sembra intenzionato a rilanciare, utilizzando armi sempre più devastanti».
Inoltre, osserva il giudice , «il tenore delle conversazioni impone di ritenere provato - almeno con il canone dei gravi indizi - come l'obiettivo diretto dell'attentato fosse proprio il Saral ma l'intenzione di Boyun e dei suoi uomini fosse, comunque, di interferire con lo status quo esistente Turchia»: infatti ha più volte manifestato «la sua volontà di scalzare il gruppo attualmente al potere, che corrompe lo Stato e lo considera come un criminale di 'quarta categoria'. E proprio per dimostrare la propria potenza al potere politico turco, per Boyun è indifferente che si riesca davvero ad uccidere il rivale o meno».
«Dammi una settimana di tempo, sto facendo grandi preparatorie, tutta la Turchia ne parlerà». Così, intercettato mentre era ai domiciliari a Crotone, Baris Boyun, 39 anni, il "capo" della "banda armata" turca attiva anche in Italia e in altri Paesi europei, stava programmando un "attentato" ad una fabbrica "di alluminio" in Turchia, anche attraverso un "kamikaze". Attentato terroristico sventato grazie «all'intervento della polizia turca» allertata dagli investigatori italiani. Lo si legge nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 19 persone, tra cui lo stesso Boyun, detto «il fratello maggiore», firmata dal gip di Milano Roberto Crepaldi, su richiesta del pm Bruna Albertini.
«L'incessante numero di telefonate di Boyun consente di seguire praticamente in diretta i preparativi dell'attentato», scrive il gip. Dalla «costituzione del gruppo di fuoco» ai «sopralluoghi alla fabbrica attraverso il drone» fino all'ipotesi della «bomba umana». Boyun, nel marzo scorso, diceva: «Siete pronti, ragazzi? buona fortuna in battaglia! radete al suolo quella fabbrica».
La Polizia italiana, però, «aveva provveduto a informare le autorità turche che inviavano sul posto numerose pattuglie impedendo la consumazione dell'attentato alla fabbrica e al Burhanettin Saral», il titolare ed esponente di un gruppo criminale «rivale» a quello di Boyun. Saral era anche «giudicato» da Boyun «responsabile» di un «attentato» ai suoi danni. L'obiettivo «diretto dell'attentato» alla fabbrica, spiega il gip, era «proprio il Saral, ma l'intenzione del Boyun e dei suoi uomini» era, comunque, «di interferire con lo status quo esistente Turchia». Boyun voleva «scalzare il gruppo attualmente al potere, che corrompe lo Stato e lo considera come un criminale di 'quarta categoria'». E proprio per «dimostrare la propria potenza al potere politico turco, per Boyun è indifferente che si riesca davvero ad uccidere il rivale o meno: 'se questo affare non avesse successo, credimi - diceva intercettato - faremo puntare su di loro gli occhi dello Stato e poi li spaventeremo noi'».
Da Crotone il boss turco gestiva la sua rete criminale
A Crotone Boyun era stato vittima di un attentato risale al 18 marzo scorso, quando persone non identificate spararono alcuni colpi di pistola contro la porta d'ingresso della casa in cui Boyun si trovava agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Provvedimento restrittivo applicatogli perché accusato della detenzione di un'arma clandestina contestatagli dalla Squadra mobile di Milano, Boyun era arrivato a Crotone nell'ottobre del 2022 prima di andare via e tornarvi il 2 febbraio scorso per scontare la detenzione domiciliare nella casa della compagna.
Nel corso della notte ignoti s'introdussero nel condominio in cui abitava Boyun e spararono quattro colpi di pistola contro il portone dell'appartamento, nessuno dei quali comunque ferì il boss turco e la compagna, che in quel momento erano a letto. Dalle indagini della Polizia è emerso che Boyun avrebbe ricevuto a Crotone numerose visite e, malgrado fosse ai domiciliari avrebbe continuato a dirigere la sua rete criminale, con diramazioni in tutta Europa. Il giorno dopo l'intimidazione Boyun fu prelevato dalla Polizia e trasferito in un'altra località.