La dirigente Pd ed ex sindaco di Isola Capo Rizzuto nel talk condotto da Paola Bottero ripercorre i suoi esordi e il dramma vissuto dopo l'arresto - GUARDA LA PUNTATA
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Un percorso lungo e tortuoso prima di poter dimostrare la verità: questa è la storia di Carolina Girasole, dirigente Pd ed ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, protagonista della puntata di vis-á-vis di mercoledì 15 aprile, che si è raccontata a Paola Bottero, direttore strategico del gruppo e del network, descrivendo in modo mirabile tutta la grinta e l’audacia di una donna eccezionale, che ha lottato contro le cosche mafiose locali.
«Sono nata a Capo Rizzuto, che quest’anno ha quattro bandiere blu, proprio a sigillare la bellezza di questi luoghi. La mia è stata un’infanzia serena in una famiglia tranquilla, anche se ho avuto una libertà limitata a causa dei continui attacchi della ‘ndrangheta alla florida attività imprenditoriale di mio padre. Proprio questo rischio costante di poter incontrare persone contro cui scontrarmi non mi ha particolarmente attratto, quindi ho deciso poi di studiare biologia per seguire un altro percorso. Ho applicato le mie capacità analitiche anche in campo amministrativo e durante il periodo del mio mandato elettorale in qualità di sindaco».
L'ex primo cittadino descrive quindi il suo primo approccio che con la politica: «Una mattina, mentre accompagnavo mia figlia a scuola, un politico del luogo mi fermò per dirmi che voleva propormi come candidata a sindaco per le elezioni del 2018. Io all’inizio ho provato a scansare questa offerta, anche se, dopo alcune insistenze, ho deciso di accettare per occuparmi non solo del futuro delle mie figlie, ma anche di quello dei miei cittadini. Mi sono, dunque, dedicata a questa nuova avventura con grande impegno e rispetto della giustizia. Tutto ciò ha inevitabilmente creato alcuni attriti con le cosche mafiose della mia zona. In particolare, nell’espletare la mia attività in qualità di sindaco con il centrosinistra, ho amministrato il territorio di Capo Rizzuto, scontrandomi con centri di potere all’interno dell’ente e con interessi molto particolari all’esterno. Non intendo solo la ‘ndrangheta, ma anche interessi di altre strutture».
L'inizio del calvario
Poi l'inizio dell'incubo: «Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 2013 bussano alla porta, ho chiamato mio marito spaventata, proprio in virtù del fatto che quando si fa l’interesse della comunità è normale che possa scaturire una reazione opposta al bene comune. Infatti, quella notte mi aspettavo qualcosa del genere, avendo avuto macchine incendiate e minacce di morte, ho vissuto una vera persecuzione. Sono stati cinque anni di resistenza. Invece, a bussare alla porta era la Guardia di Finanza, la strada era invasa di pattuglie. Ci consegnarono delle ordinanze di custodia cautelare con arresti domiciliari, l’accusa era per voto di scambio con la cosca di ‘ndrangheta. In quel momento mi è crollato il mondo addosso, i primi giorni ero così fiduciosa di dimostrare, con le decine di atti fatti durante il mio mandato, che era stato un errore, che qualcosa non aveva funzionato. Il pm, però, si rifiutò di parlare con me, due richieste non avevano portato a niente».
Il futuro
Dopo sette anni e mezzo Carolina Girasole è stata assolta con formula piena. Il futuro? Carolina Girasole sorride: «Il mio futuro ancora non lo so, non sono stati anni facili. Ho capito che dovevo difendere me stessa e chi ha lavorato con me insieme a quel progetto politico che ho messo in campo. Spero di avere la possibilità di portarlo avanti, spero di poter riscattare questa terra e i calabresi».