Carmela e Claudio Borrello, due palmesi che vivono fuori, sono tornati in città per parlare – per la prima volta in pubblico – dell’omicidio del loro fratello, Giuseppe, avvenuto nel 1987. Ad ascoltarli, in quella che è diventata una toccante testimonianza sugli anni della faida, anche la loro mamma ma, soprattutto, tanti amici dello studente 21enne ucciso per uno scambio di persona. L’iniziativa, voluta dall’associazione Ouitalos, dopo i saluti del presidente dell’Ordine degli avvocati Angelo Rossi, è servita a strappare dall’obblio un delitto che frettolosamente venne archiviato dagli investigatori – appunto perché considerato figlio di quella stagione dolorosa che faceva vittime quotidianamente – ma, soprattutto, dimenticato dalla città che non ha mai riconosciuto ufficialmente Giuseppe Borrello come vittima innocente di mafia.

Un salto nel passato che la città ha apprezzato, tanto che su proposta di Enzo Infantino il sindaco Giuseppe Ranuccio ha garantito l’impegno per intestare al giovane una via o uno spazio comunale, mentre al giornalista Arcangelo Badolati è toccato il compito di ricordare che quell’omicidio, avvenuto nel periodo natalizio – mentre lo studente tornato da Milano era con i suoi amici – non fu mai inserito dagli inquirenti nel novero di quelli legati allo scontro armato tra le famiglie Gallico e Condello, proprio perché si trattò di un errore di persona.

I fratelli Borrello hanno descritto la reazione alla solitudine provata dalla famiglia, al punto da preferire il trasferimento lontano da Palmi, ringraziando per lo sforzo fatto oggi per aiutarli ad elaborare in maniera comunitaria il lutto. Una testimonianza è stata offerta da Vincenzo Chindamo, anche lui impegnato nella richiesta di verità e giustizia nel caso della sorella Maria, mentre Attilio Nostro – compagno di scuola di Giuseppe, oggi vescovo di Vibo Valentia – ha esortato a ribellarsi a quelle forze che hanno costretto la città a ritenere normale che si uccidesse un ragazzo.