Il giovane, cugino dell’attore Raoul Bova, fu assassinato in pieno centro a colpi di pistola. Cataldo punta il dito contro Domenico Cordì, all’epoca minorenne, figlio del defunto boss Antonio “il ragioniere”. Accertamenti in corso
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Potrebbe essere arrivato a una svolta il caso dell’omicidio di Rocco Zoccali, studente 19enne di Locri ucciso 39 anni fa nella piazza principale del paese. A rivelare l’identità del killer, stando a quanto scrive il Corriere della Sera, sarebbe il collaboratore di giustizia Antonio Cataldo. «A sparare al giovane locrese sarebbe stato — secondo il racconto del pentito, da sottoporre ai dovuti approfondimenti investigativi — Domenico Cordì che sedeva sul sellino posteriore di una Vespa 50 guidata da Antonio Dieni, suo cugino».
Rocco era cugino dell’attore Raoul Bova: sua madre, la professoressa Giulia Bova, e il padre di Raoul erano primi cugini. Inoltre, il nonno di Rocco e il nonno dell’artista erano fratelli.
«Rocco fu ucciso per vendetta. Io ho visto tutta l’azione», ha raccontato Cataldo. «Il movente dell’omicidio ha origine da un dissidio tra i Dieni e la famiglia Zoccali. Il padre di Rocco, Stefano Zoccali, proprietario di un magazzino dato in affitto ad Agostino Dieni, intimò a quest’ultimo lo sfratto, per morosità» ha detto il collaboratore.
Cordì, oggi 56enne, in carcere per scontare altri reati, è figlio del defunto boss Antonio, detto «il ragioniere». Nel 1986 Domenico Cordì era minorenne: la nuova indagine condotta dai carabinieri di Locri, dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia è stata, infatti, coordinata dalla Procura dei minori di Reggio Calabria, guidata da Roberto Di Palma che ha contestato ad Antonio Cordì l’omicidio volontario. Antonio Dieni, invece, non può essere giudicato in virtù del principio del Ne Bis in Idem, perché per lo stesso reato, nel 1990, era stato assolto «per insufficienza di prove» dalla Corte d’Assise di Locri.
La madre di Rocco, la signora Giulia, in questi anni ha speso la sua vita per trovare i colpevoli dell’assassinio di suo figlio, sempre in prima linea nelle manifestazioni antimafia a gridare «giustizia». La donna fece vedere il suo carattere battagliero anche nel corso del dibattimento, scontrandosi più volte con Luigi Cotrona, presidente del processo che stava giudicando gli imputati ritenuti i killer di Rocco, poi assolti. La professoressa Bova ricusò Cotrona che decise di astenersi.