La bambina era in macchina con il fratello Alfonso, bersaglio dell’agguato. Ma anche lei fu uccisa perché avrebbe potuto parlare. All’Istituto comprensivo di Laureana di Borrello un seminario aperto da Vincenzo Chindamo, fratello dell’imprenditrice vittima della lupara bianca nel 2016
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Sono passati ventiquattro lunghi anni. Era la sera del 23 febbraio 1989 a Laureana di Borrello, nella piana di Gioia Tauro, quando sette colpi di pistola furono esplosi contro Marcella Tassone, una bimba di 10 anni. Era in macchina con il fratello Alfonso, ventenne militare in convalescenza già noto alle forze dell’ordine, quando di rientro per seguire il festival di Sanremo, sette colpi di pistola furono esplosi contro di lei, improvvisamente non più una bambina ma una scomoda e temibile testimone. Suo fratello era il bersaglio dell’agguato.
Sulla vecchia strada provinciale, da dietro un muretto almeno in due iniziarono ad aprire il fuoco con fucili calibro 12 caricati a pallettoni di lupara contro l’alfetta a bordo della quale si trovavano Alfonso e Marcella. Poi il fuoco con una pistola calibro 7.65, Alfonso e la sorellina furono uccisi, morendo all’istante. I corpi di Marcella e Alfonso Tassone rimasero vicini, immersi nel loro sangue per qualche ora prima che una segnalazione ai carabinieri ne consentisse il ritrovamento. Continua a leggere su IlReggino.it