Tra le vittime identificate dagli inquirenti figura anche il figlio di un imprenditore che una ventina di anni or sono fu presidente di una squadra di calcio di Serie A
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Truffe con il classico "trucco della valigia" per finanziare la 'ndrangheta. Si è parlato anche di questo a Torino in uno dei processi nati dall'inchiesta Cagliostro terminato oggi: al termine di un rito abbreviato sono state inflitte cinque condanne, la più alta delle quali, a 8 anni di reclusione, è stata per Antonino Mammoliti.
Il procedimento riguarda le attività dei clan nelle zone di Ivrea e Chivasso. Fra le vicende prese in esame, però, figurano anche dei 'bidoni' che, nelle linee essenziali, hanno avuto questi tratti in comune: si avvicina qualcuno, gli si propone di acquistare una somma di denaro sporco a un prezzo inferiore, e si mostrano mazzette di banconote vere e poi, con destrezza, si scambiano le valigette in modo che il malcapitato si ritrovi con giornali vecchi e persino pacchi di caffè.
Tra le vittime (non imputate) identificate dagli inquirenti figura anche il figlio di un imprenditore che una ventina di anni or sono fu presidente di una squadra di calcio di serie A. In ambienti investigativi sono convinti che questo genere di raggiri abbia preso piede perché i tradizionali canali di finanziamento, come il narcotraffico, sono diventati sempre più incerti per via dell'azione di contenimento delle forze dell'ordine e dalla pesantezza delle pene da scontare. Uno dei boss intercettati nel corso dell'inchiesta Cagliostro diceva che «con questo trucco al massimo ci prendiamo quattro anni per truffa». I pm Dionigi Tibone e Livia Locci hanno però contestato l'aggravante del metodo mafioso, che è stata applicata a uno dei condannati.