Il danno patrimoniale di 208mila euro è, per la sezione d’Appello della Corte dei conti, accertato. Dovranno risarcirlo il rappresentante legale e il responsabile delle risorse umane (rispettivamente Giuseppe Pane e Paolo Braganò) di Infocontact, call center fallito anni fa nell’area industriale di Lamezia Terme. Una storia in cui i debiti accumulati si mescolano con presunte irregolarità nelle assunzioni. Forzature che sarebbero state adottate per ottenere finanziamenti e avviare l’attività. In parte sarebbe stato così, ma la sentenza di secondo grado dei giudici contabili alleggerisce molto il quadro. La sezione calabrese aveva calcolato in 2,6 milioni di euro il danno erariale: i 208mila euro calcolati dai magistrati romani rappresentano un notevole “sconto”.

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Di sicuro, per il collegio d’appello, l’individuazione del danno da 208mila euro resiste alle argomentazioni dei difensori. La cifra si riferisce alla posizione irregolare di 18 lavoratori emersa nel corso dei controlli svolti nel 2013 dalla Corte dei conti europea prima e dalla Regione Calabria poi. Non si sarebbe trattato, in sostanza, di lavoratori svantaggiati (per le cui assunzioni l’azienda ha ottenuto agevolazioni). E «la mancanza dei requisiti di “svantaggio” era rilevabile dalla mera lettura dei modelli allegati alla richiesta di erogazione degli incentivi». Per i magistrati, dunque, «è fuor di dubbio che tanto la società Infocontact srl, in persona del proprio rappresentante legale, quanto il responsabile delle risorse umane fossero a conoscenza di tale circostanza e che, nonostante ciò, hanno inserito i nominativi dei lavoratori in questione ai fini del percepimento degli incentivi euro comunitari». Nessuna colpa, invece, può essere addebitata ai dirigenti regionali che hanno sottoscritto, all’epoca, il decreto di erogazione della prima annualità.

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È la prima parte di una storia che, nella prima fase di giudizio, aveva portato alla stangata da 2,6 milioni. Il maxi sconto arriva in punta di diritto contabile: si gioca tutto sulla definizione di lavoratore svantaggiato. Per l’accusa (Guardia di finanza e Procura contabile, con argomentazioni condivise dai giudici contabili calabresi), Infocontact avrebbe barato, assumendo lavoratori che svantaggiati non erano, e lo avrebbe fatto – di nuovo – per ottenere incentivi.

In realtà, per i giudici d’appello tutti i lavoratori presi in esame «si trovavano in una delle diverse e plurime condizioni per le quali tanto la legislazione eurounitaria quanto quella nazionale riconoscevano» la condizione di svantaggio. Infocontact avrebbe assunto, in buona sostanza, disoccupati o precari. Il quadro dei lavoratori svantaggiati sarebbe, in realtà, più vasto di quanto evidenziato dalla Sezione Calabria della Corte dei conti. In primo grado è stato considerato «svantaggiato solo il soggetto che non aveva un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi (e da almeno 24 mesi per quello molto svantaggiato)». L’allargamento della definizione di lavoratore svantaggiato cambia il quadro dell’accusa: il quadro normativo fa sì che né a Infocontact né ai suoi manager possa essere imputata «alcuna condotta dolosa, o anche solo gravemente colposa». Evapora, così, la parte più pesante della sentenza di primo grado. Le irregolarità restano, ma soltanto per una quota inferiore di assunzioni.

La Corte dei conti ha, tra gli altri, accolto integralmente l’appello proposto dall’architetto Cosimo Cuomo, dirigente della Regione Calabria. L’appello ha sposato le tesi difensive del manager, difeso dall’avvocato Antonello Sdanganelli, affermando la linearità dell’attività amministrativa svolta dal dirigente nella vicenda Infocontact. Assieme a Cuomo, sono stati assolti anche gli altri dirigenti regionali coinvolti.